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Ma qual è il disegno del premier Giuseppe Conte? Indossando gli abiti del coniglio si comporta con l’arguzia di una volpe. Da tempo egli ha compreso che al centro politico c’è un grande vuoto sia pure con ambiziosi gruppuscoli che sono tra loro in competizione. Occupare quello spazio con un proprio partito equivale a dare una risposta agli orfani della vecchia Dc, a quei centristi senza casa e senza leadership. Un disegno più volte accarezzato da Ciriaco De Mita sia pure con notevole ritardo. Un disegno che piace anche alla chiesa che, per la maggior parte, benedice ogni atteggiamento del premier Conte. Il quale ora coglie l’occasione della crisi non solo per resistere, ma soprattutto per un investimento sul suo futuro politico. Oggi Conte, stando ai sondaggi, può contare su un consenso, che si aggirerebbe intorno al dieci per cento. La sua popolarità cresce di ora in ora, di giorno in giorno. La gestione della pandemia viene valutata in generale positivamente anche se con alcune riserve nel merito della facile concessione dei bonus. Sarà lo stesso se, senza più il potere del premierato, Conte dovesse mettersi in proprio? Renzi docet. La sua scelta di lasciare il Pd per formare Italia viva ha indebolito le sue ambizioni.
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Torniamo alla crisi e ai cosiddetti “costruttori” che dovrebbero garantire la continuità del governo, consentendo il Conte-ter. Se si dovesse valutare il comportamento dei “salvatori” la sola certezza che si può avere è di ritenerli oltre che trasformisti della peggiore risma, mercenari alla ricerca di potere. Ovviamente non tutti, perché alcuni di essi sono davvero preoccupati per il futuro del Paese e del Mezzogiorno in particolare. In realtà, in queste ore, mentre il Paese è in grande sofferenza, il “mercato delle vacche” è in pieno svolgimento. Senza pudore, e forse senza ipocrisia, l’immoralità della politica ha raggiunto limiti insopportabili. Questo, peraltro, avvalora la necessità di andare al più presto a ridefinire le regole istituzionali. Di più. L’esiguità della nuova maggioranza, se mai dovesse formarsi, non garantirebbe al governo una navigazione tranquilla per giungere alla conclusione della legislatura. Salvo che Conte non sia disponibile ad accettare ricatti ogni qualvolta non si dovesse trovare accordo sui singoli provvedimenti. Inquieta, in ogni caso, l’irritualità dello svolgimento della crisi anche dal punto di vista formale, segno della decadenza del rispetto delle più elementari regole. Aspettiamo, intanto, le decisioni che saranno assunte tra domani e dopodomani. Che Dio ci aiuti.
di Gianni Festa