Allo Zio Lidia a confronto con l’autore del documentario dedicato agli esorcismi
“Una pellicola che si fa tentativo di comprendere la contemporaneità, l’esigenza di cercare un senso più ampio alla nostra esistenza che vada al di là della razionalità scientifica, dell’idea di progresso”. Spiega così lo sceneggiatore Andrea Sanguigni “Liberami”, per la regia di Federica Di Giacomo.
Lunedì 6 febbraio, alle 20, sarà al Movieplex di Mercogliano nell’ambito de “La Voce dell’autore” dello Zia Lidia Social Club.
Sanguigni si interroga sulla forte ripresa del fenomeno dell’esorcismo, a cui il Vaticano ha risposto promuovendo specifici corsi di formazione per sacerdoti esorcisti, una ripresa evidente “non solo in Italia ma in tutto il mondo, facendo così venire alla luce uno strato profondo e inafferrabile dell’essere umano”. Spiega come “spesso l’infatuazione per il demonio sia un modo per dare un nome al proprio male, qualunque esso sia, combattere la propria sofferenza attraverso pratiche riconosciute, per trovare un po’ di calore gratuito, di conforto attraverso l’ascolto. Molto spesso è questo quello che offrono i sacerdoti esorcisti che abbiamo seguito nei loro riti, nei quali si fondono il sacro e il quotidiano. Il fenomeno diventa così metafora di una società in cui l’importante è trovare una cura, rapida e risolutoria”. Chiarisce di non aver voluto investigare le ragioni del male, quanto le cause di un fenomeno che “ha mille sfaccettature ma non è certo sinonimo di un’arretratezza culturale quanto di un’esigenza universale. Molti degli uomini e delle donne che si dicono possedute non sono cieche vittime di fanatismi ma sono dotati di grandi lucidità, nella loro sofferenza in molti si possono riconoscere. La possessione è metafora di dipendenza come possono essere le droghe o il gioco d’azzardo. Chi gioca è posseduto da qualcosa, la società produce continuamente dipendenze ed è sempre più complesso mantenere libertà e lucidità. Il Diavolo, poi, è un concetto ricettacolo dove finisce di tutto. E’ elemento della storia universale che da sempre alleggerisce di responsabilità l’uomo”. Né “questa pellicola, che faccio fatica a definire un vero documentario, voleva essere un’indagine sulle devianze della chiesa quanto. Volevo testimoniare l’inganno della cultura scientifico, il pregiudizio che condiziona alcuni scienziati, secondo cui tutto passa e si conclude con la cultura scientifica, proponendo un universo puramente materialistico”