Corriere dell'Irpinia

Addio a Vattimo, il teorico del pensiero debole. Aveva raccontato al Borgo dei filosofi la centralità dell’uguaglianza nelle nostre democrazie

Si è spento a Torino, all’età di 87 anni, il filosofo Gianni Vattimo. Era ricoverato in ospedale a Rivoli, dopo che le sue condizioni di salute si erano aggravate negli ultimi giorni. Dal 2008 era docente emerito di Filosofia teoretica all’Università di Torino, dove aveva insegnato dal 1964.

Nato a Torino il 4 gennaio 1936, Vattimo era stato allievo di Luigi Pareyson, tra le sue principali fonti di ispirazioni Jacques Maritain, Emmanuel Mounier e Georges Bernanos. Ben presto, si era conquistato il titolo di teorico del “pensiero debole”.  Punto di partenza la critica alla metafisica operata da filosofi come Nietzsche e Heidegger. Tuttavia, il risultato della sua riflessione non è mai un nuovo assolutismo relativista, bensì una ontologia debole, che intende ancora in qualche modo l’essere, non riduce tutto a nulla.  Di qui la dura critica della violenza, che sia quella colonialista o tecnocratica, che pervade la società di oggi attraverso i media e non solo.

Al percorso di filosofo aveva affiancato la carriera politica, prima nel Partito Radicale, poi in Alleanza per Torino, successivamente nei Democratici di Sinistra (dal 1999 al 2004), per i quali era stato parlamentare europeo, e infine nel Partito dei Comunisti Italiani. Dal 2009 al 2015 era stato parlamentare europeo dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Aveva contribuito alla divulgazione della filosofia conducendo programmi televisivi per la Rai e collaborando come editorialista per i quotidiani La Stampa e La Repubblica e per il settimanale L’Espresso. Il filosofo ha giocato anche un ruolo pioneristico nella promozione dei diritti delle persone lgbtq+, definendosi ”omosessuale e cristiano”.

Nel 2009, al centro sociale Della Porta di Avellino, era stato tra gli ospiti del Borgo dei filosofi, la rassegna curata dai professori Francesco Saverio Festa e Angelo Antonio Di Gregorio. In quell’occasione aveva tenuto una bellissima lezione sul concetto di rivoluzione “Con Gianni Vattimo – spiega Angelo Antonio Di Gregorio – muore un notevole pezzo del pensiero teoretico italiano. Un tributo per un grande maestro. Il pensiero è a lutto. Viva il pensiero. Ricordo ancora con emozione quella lezione al Borgo dei filosofi. La sala era gremita, ad ascoltarlo, c’era un pubblico straordinario, di appassionati e studiosi, rimasto incollato alla sedia malgrado il ritardo del suo aereo. Avevamo dedicato quell’edizione ai temi della rivoluzione francese, libertà, uguaglianza e fraternità. Vattimo sottolineò il valore di questi principi, alla base dell’evoluzione del pensiero politico occidentale, ribadendo la centralità del concetto di uguaglianza, il principio che sta alla base delle grandi costituzioni. Era convinto, e condivido appieno la sua analisi, che la vera eredità  della rivoluzione francese non fosse legata alla libertà ma all’uguaglianza, su questo tema si è giocata e si gioca la partita del progresso e della conservazione Era un uomo illuminato, basti pensare alla grande innovazione da lui portata nella teoretica mondiale. Il suo nome è associato a quello del pensiero debole, ma pochi hanno colto il vero senso della sua riflessione, ‘pensiero debole’ non significava debolezza del pensiero ma possibilità del pensiero di rinnovarsi continuamennte, poichè ciò che appare come strutturale è, in realtà, sempre relativo. La stessa questione del nichilismo non era intesa come  negatività assoluta ma come possibilità che il pensiero, nella sua portata strutturi e destrutturi le grandi verità che teorizza. Del resto, la distruzione e ricostruzione del pensiero è alla base dell’attività della razionalità umana, nessuno lo aveva ribadito in modo così forte. Aveva trovato in Nietsche e Heidegger i suoi maestri ispiratori”. Tanti i ricordi personali “Era un uomo affabilissimo, che aveva accettato con entusiasmo l’invito al Borgo. Ero andato personalmente a Modena per chiedergli di partecipare al festival. Durante la cena ci racconto’ tanti aneddoti sulla sua attività di filosofo e ci colpì la passione che aveva per il cibo e per il vino, era un vero intenditore, gradì molto l’Aglianico”

“Ci lascia un grande del pensiero – scrive il professore Alfonso Amendola, docente di Unisa – Ci lascia un teorico di quelli potenti ma anche un attivista di grande sensibilità. Sono tante le occasioni in cui ho avuto l’onore di dialogare con lui (e conoscere da vicino la densità delle sue visioni e del suo piano di ragionamento). A partire dagli incontri del corso di formazione in Estetica al Suor Orsola di Napoli negli anni Novanta (grazie al prof. Aldo Trione), al convegno “José Martí, Antonio Gramsci e la Cultura Universale” e poi due lunghissime interviste, i tanti incontri nella sua Torino e soprattutto l’invito personale a presentare “Non essere Dio” (la sua “autobiografia a quattro mani” scritta con Piergiorgio Paterlini). Ci lascia un intellettuale vero, un pensatore innovativo e un maestro sempre sorridente”.

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