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Alessandro Battaglino. Morte di un artista irpino

Avevo appena finito di leggere “Dannati romantici da Géricault a Ligabue. Artisti tormentati tra genio, sregolatezza e follia” quando la sera dell’undici maggio u.s. a Villamaina si è diffusa notizia del suicidio di Alessandro Battaglino. Il libro parla di sette artisti famosi morti suicidi: Géricault, Van Gogh, Pellizza da Volpedo, De Staël, Modigliani, Rothko, Ligabue: sette artisti e sette vite al limite, in perenne battaglia col proprio demone: vissero “romantici” e divennero leggende. Il libro racconta, in forma narrativa le esperienze di questi spiriti inquieti, analizzando il senso del travaglio interiore e i meccanismi che originarono i loro capolavori. Alessandro Battaglino era figlio di un mio compagno di classe e di giochi delle elementari, come il sottoscritto era originario di Gesualdo (AV) e veniva dalla formazione artistica, da decenni aveva scelto di vivere a Villamaina (AV), si era formato frequentando l’allora nascente Istituto d’Arte di Grottaminarda e l’Accademia di Belle Arti di Napoli dove aveva seguito i corsi di scultura con il prof. Giovanni De Vincenzo, successivamente potremmo dire che era stato a bottega, alla maniera antica, seguendo gli insegnamenti di un sapiente maestro scalpellino di Villamaina: Vincenzo Caputo, detto il Volontario, acquisendo sul campo il duro mestiere dello scultore di marmi e pietre, un’arte che non permette errori e pentimenti ma di cui era diventato un esperto. Qualcuno ha detto che gli artisti nascono con il senso della morte nel cuore. Vivono le loro storie in apparenza normali, conducono vite semplici, ambiscono alla famiglia e ad una serenità colloquiale. Eppure in loro si nasconde qualcosa di oscuro, celato sotto vesti di perfetta quotidianità, e come nel caso di Alessandro di buone maniere, di signorilità, di premure per il prossimo, di attitudine alla calma, di nobiltà nel giudizio morale, qualità che formano una fiamma docile, in attesa di poter esplodere per poi bruciare. Nessuno nella comunità e nelle persone a lui vicino aveva percepito che il suo travaglio interiore, le emozioni che albergavano in lui, lo avrebbe portato verso l’autodistruzione, neppure Aurelia la sua ragazza che gli stava vicino da anni, mai a suo dire, avrebbe potuto immaginare una tale tragedia. “Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta; e questa frusta è intesa unicamente per l’auto flagellazione”, parola di Truman Capote che provò sulla sua pelle lo strazio fatale della creazione artistica, fino a consumarsi irrimediabilmente. Gli artisti più di ogni essere umano vivono e sono consumati in un’eterna battaglia  tra istinto e realtà.  Battaglino come Giuseppe Pellizza da Volpedo anche lui suicida, era ponderato, sensibile ai valori di una vita onestamente condotta, un salutista custode della natura, non beveva, non faceva uso di droghe, ricco di qualità positive e di sentimenti interiori, ma il demone che si insediava in lui come per tanti altri artisti che hanno concluso tragicamente la loro esistenza aveva le sembianze dell’amore per la natura, per i paesaggi irpini di cui era innamorato, per la bellezza delle forme scultoree, per i colori dell’onice di Gesualdo, per le venature che lui cercava nelle pietre locali, che a suo avviso lasciano spazio all’immaginazione di tutti. Alessandro nei suoi lavori riduceva all’essenziale luce e colore, ma come Modigliani nelle sue opere non metteva a nudo le sue tensioni il  proprio tormento esistenziale interiore. Segni ed effetti della sua produzione si concentravano a volte sulle icone del territorio, come le opere dedicate allo Xoanon della dea Mephite della Valle d’Ansanto. Credo comunque che nessuno conoscerà mai le ragioni profonde di questa drammatica scelta, anche perché, il più delle volte, chi arriva a tale determinazione nella vita come in arte se cerca una cosa non cerca solo quella ed in ogni ricerca vi è sempre un grado di imprevedibilità, come quel senso di incertezza che l’artista prova nel concludere un’opera in quanto l’atto più difficile è il decidere quando fermarsi. Sono giorni che tra dolore e tormento mi domando se avessi potuto fare qualcosa, fare di più per lui, l’ho invitato a partecipare alle ultime mostre che ho organizzato ma mi ringraziava cordialmente per l’invito e mi diceva che stava lavorando ad altri progetti, una delle ultime volte mi ha detto che a breve sarebbe partito per Bogotà la capitale della Colombia. Comunque al di là di ogni romantica deduzione io credo che la morte di Alessandro oltre a quanto hanno inciso su tutti questi anni difficili, fatti di distanziamento sociale e isolamento, la guerra di Putin con tutta la sua schiacciante prepotenza e devastazione, le pressioni esercitate dal cambiamento tecnologico (molti artisti enfatizzano altri vivono male e con enorme disagio con fragile e infinita sofferenza la relazione con le nuove tecnologie informatiche), l’acuirsi delle tensioni sociali, l’incombente minaccia di disastri ambientali ci ricordano ogni giorno che, in quanto corpi mortali, non siamo né invincibili né autosufficienti, ma parte di una rete simbiotica di interdipendenze che ci lega gli uni agli altri, alle altre specie e al pianeta nel suo complesso, fatti e condizioni che ultimamente hanno portato a degli squilibri emotivi e a dinamiche depressive anche le menti più salde; comunque fatte tutte le possibili considerazioni io credo che questa morte sia da attribuire ad una cosa sola, alla mancanza di lavoro, alla mezzanotte del mezzogiorno, che, causa anche la pandemia e la conseguente crisi economica continua ad imperversare nelle nostre contrade. Vivere con il solo lavoro di artista in Irpinia credo sia davvero difficile se non impossibile, Alessandro si era abituato a vivere di poco, ma doveva sottoporsi a continue privazioni. Aveva cominciato a fare qualche supplenza  nel Liceo  Artistico  “ P.A. De Luca di Avellino” ma è sotto gli occhi di tutti comprendere quanto oggi sia difficile se non impossibile vivere iniziando a fare il supplente a 43 anni senza poter contare su un lavoro continuativo. A mio avviso Alessandro è stato vittima del suo amore per l’Irpinia per non aver mai voluto lasciare questa terra per andare a cercare un lavoro stabile altrove, con le sue qualità umane e di artista se si fosse trasferito al Nord forse avrebbe avuto ben altra fortuna e ben altro destino, avrebbe potuto crearsi una famiglia con la sua fidanzata Aurelia che ora si dispera per non essere riuscita a carpire le sue intenzioni e magari spingerlo verso la salvezza. Ma i rivolgimenti della mente umana sono infiniti, il male di vivere colpisce a tutte le latitudini, si suicida chi è in difficoltà e chi è all’apice del successo professionale e del benessere economico. Negli anni Sessanta ricordo che tentò il suicidio Gino Paoli ed in merito il cantautore ha dichiarato: “Non mi sparai perché travolto dai problemi. Anzi, ero all’apice della fama e avevo tutto. Lo feci per sfida”. Queste le parole dell’artista che poi in un’intervista continua a spiegare: “Togliersi la vita è l’unico arrogante modo per decidere del proprio destino”.

Alessandro si porta con sé un patrimonio di bellezza e di conoscenze acquisite con sacrificio e passione. La sua perdita nella piccola comunità di Villamaina ci lascia nel dolore e nello sgomento, ci lascia davvero più poveri e con meno prospettive di ripresa e di crescita.

Non ci resta che continuare a piangere nella speranza che: nulla muore ma tutto scorre, muta e si rigenera.

Alcune opere di Alessandro Battaglino

 

Former DS prof. Francesco Caloia

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