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Assalto alla giustizia

Di Nino Lanzetta

Dal noto principio del Montesquieu sulla separazione ed indipendenza dei poteri che garantiscono il loro bilanciamento, sono nate le moderne democrazie liberali. I tentativi, però, del potere politico, a sfuggire al controllo della magistratura sono cominciati in Italia, da quando esiste ila Repubblica. Con la Democrazia cristiana la Procura della repubblica, cui incombeva l’azione penale, era chiamata il porto delle nebbie, perché in essa – anche se in modo più defilato e discreto- agivano i politici per far insabbiare i processi che li riguardavano. Poi è arrivato Berlusconi e la battaglia contro le procure che indagavano su di lui è avvenuta alla luce del sole e in modo violento. Con i suoi numerosi scheletri nell’armadio e le inchieste che aumentavano a vista d’occhio (nel frattempo l’azione penale era passata a tutte le procure) l’attacco ai giudici, chiamati toghe rosse, era divenuto aggressivo e ossessivo e la sua difesa perseguita in tutti i modi consentiti dal suo potere. Con leggi ad personam, fatte dai suoi avvocati portati in parlamento, uso indiscriminato della prescrizione, rinvii e quant’altro. Con Renzi, le cose non sono cambiate e la lotta è proseguita con pari veemenza. Ora ci siamo nuovamente. La Meloni e i suoi hanno aperto nuovamente il fronte anti magistrati creando un nuovo gruppo di complottisti. Hanno trovato il loro braccio operativo nell’ex magistrato Nordio che vuole abolire l’abuso d’ufficio, il traffico delle influenze, le intercettazioni telefoniche e peggiorare – come se ce ne stesse bisogno- perfino la criticata riforma Cartabia, Lo stesso Governo entra in scena sottraendo alla Corte dei conti il controllo degli atti del PNRR e nominando al CSM e alla CONSULTA uomini di sua totale fiducia, attirandosi le critiche di molti magistrati ed esperti del settore e perfino dell’Europa.

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