“Avellino è un malato che è ancora al tavolo chirurgico, è anestetizzato e voglio svegliarlo. La fase post operatoria deve essere vigorosa e quindi occorre dare una sveglia a questa città, e lo farò. Non mi sento un outsider. Io parlo ai cittadini dicendo delle cose, non faccio parte del mondo dei sogni nè tantomeno a quello dello spettacolo“.
Non lascia nulla al caso il candidato a sindaco della lista Unità Popolare Aldo D’Andrea. A meno di ventiquattr’ore dal voto che decreteranno i nuovi amministratori della città di Avellino, il dottore “prestato” alla politica chiude la sua campagna elettorale con aspettative ben precise:
“Le mie aspettative sono quelle di essere presente, di agire, nella mia vita non ho mai fatto altro. Prima si pensa e poi si agisce e questa funzione non l’ho mai abbandonata. Nella comunità di Avellino c’è bisogno di azione. Preferisco perdere piuttosto che condividere i disastri altrui“.
Qualsiasi esso sia il risultato, aggiunge D’Andrea, “è una storia che nasce, continua e non mi arrendo perché non sono abituato a farlo. Sono abbastanza vaccinato, continuerò a fare la mia vita, ma mi occuperò con vigore e il massimo entusiasmo possibile della mia comunità“.
“Abbiamo di fronte una città indebolita, e i candidati di Unità Popolare hanno provato a riportare i cittadini e le cittadine al centro del cambiamento. Noi siamo gli stessi che eravamo 20 anni, che hanno innescato un processo in questa città che chiamammo “centrosinistra alternativo”, la cultura ambientalista, socialista e comunista. Quel processo lo iniziammo perché volevamo costruire un modello nuovo rispetto al sistema dominante che ingabbiava Avellino, che si richiama alla cultura cattolica.
Il tramonto intanto è calato sui candidati illuminati dalle luci del piccolo palcoscenico dal quale si tirano le somme di un mese intenso e, per alcuni inedito, e su di una campagna elettorale che è già passata alla storia. Adesso, parola alle urne.