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“Avellino è cambiata. La nuova urbanistica per una città più moderna e verde”, parla Petecca

La città di Avellino vive un ritardo improcrastinabile per la revisione del Piano Urbanistico Comunale, ormai datato in quanto approvato più di sedici anni fa ma ancor prima ideato”. Il presidente dell’Ordine degli Architetti Erminio Petecca alza l’attenzione sul Puc comunale, snodo cruciale per una “rivoluzione cittadina”.

Presidente, emerge la necessità di “cambiare la città”. Ma in che modo? E quali sono le responsabilità a cui va incontro la nuova amministrazione?

La città va ridisegnata, tenendo conto dei cambiamenti epocali che ci sono stati in questi anni. Va riprogrammata per la mancata attuazione di comparti edificatori o delle aree di espansione che sono state solo motivo di aggravio di oneri fiscali per i proprietari. Va completata per le opere pubbliche e le infrastrutture dei cantieri aperti e mai conclusi. La nuova amministrazione ha la responsabilità di pensare al futuro della città, imponendo la propria visione strategica di sviluppo almeno per il prossimo decennio. Una visione, spero condivisa con i portatori d’interesse di categorie che emerga da confronti programmati con la cittadinanza e i quartieri dove maggiore è la densità abitativa e la mancanza di servizi essenziali per un vivere civile”.

Avellino non sembra vivere un periodo fiorente dal punto di vista demografico, eppure le criticità tra le arterie cittadine aumentano…

La città si confronta con un calo demografico di giovani che vanno via sì per lavoro, ma anche per opportunità. Oggi il lavoro fine a se stesso non appaga le esigenze dei giovani, non riescono a soddisfare i loro bisogni nelle grandi città a causa delle evidenti disparità economiche che comportano. Uno stipendio di operaio o di un comune dipendente pubblico non consente di vivere in condizioni agevoli in centri come Milano o Roma. Oggi si emigra per trovare nuove opportunità. È la cultura del vivere che è cambiata negli ultimi decenni, i processi sociali sono processi culturali. Le città per tornare a crescere devono offrire nuovi modelli di crescita sociale e culturale. Stranamente il grande ritardo della città di Avellino sulle tematiche di sviluppo ci consente di partire dalla base con la valutazione dei criteri minimi ed essenziali, così dalla pianificazione urbanistica si può passare alla pianificazione della vita in città”.

Quindi per lei prima di tutto bisognerebbe cambiare approccio?

Per una città sostenibile c’è bisogno di una visione olistica degli ambiti che compongono l’insieme fatto dal contesto urbano e spazi dedicati al verde, dalla storia, dal lavoro, le attività commerciali, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, il benessere, la cultura, lo sport, lo shopping e il tempo libero e divertimento. Quindi c’è bisogno di riqualificare le aree dismesse per evitare che si vada ad occupare nuove aree in espansione”.

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“Occorre pensare alla riduzione della mobilità inquinante interna alla città in cambio di una più lenta e sicura. La riduzione di centri commerciali all’esterno della città, cinema e multisala e grandi strutture commerciali terziarie raggiungibili solo in auto. La città deve soprattutto collaborare e non porsi in competizione con i paesi e le cittadine confinanti. Bisogna confrontarsi su un’area vasta di territorio extra urbano sulle grandi tematiche infrastrutturali come la stazione ferroviaria, le grandi arterie di collegamento e il parco del Fenestrelle. Oggi da soli non si va da nessuna parte”.

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