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“Avellino tra le città italiane a maggiore rischio desertificazione commerciale”

Corso Vittorio Emanuele, sulla sinistra l'impalcatura di Palazzo Trevisani

AVELLINO – “Il capoluogo irpino è una delle città a più alto rischio di desertificazione commerciale in Italia. A confermarlo sono i dati ufficiali. E’ tempo di definire una strategia di intervento”: così Giuseppe Marinelli, presidente provinciale di Confesercenti Avellino. 
“Le chiusure di negozi e attività – prosegue il dirigente dell’associazione di categoria – investono ormai da molti anni, anche se in misura differente, l’intero Paese, come più volte anche da noi è stato evidenziato. E l’apertura di nuove imprese appare sempre più difficoltosa, principalmente nelle aree interne, che soffrono limiti strutturali del sistema economico e produttivo. Ma in alcune città e aree la tendenza ha raggiunto dimensioni talmente critiche da rappresentare una vera e propria emergenza per i territori e le comunità”.

“In base ai dati dell’ Istituto Guglielmo Tagliacarne, centro studi dell’Unione delle Camere di Commercio, relativi ai 120 comuni italiani medio-grandi, Avellino è tra le città più ad alto rischio di desertificazione commerciale, avendo come riferimento il monitoraggio statistico delle chiusure registrate negli anni dal 2012 al 2021.
Nel lasso temporale preso in esame, infatti, le unità locali del commercio al dettaglio sono diminuite del 18,5%, collocando il Comune al 16esimo posto della graduatoria negativa, e quelle dei servizi di alloggio e ristorazione hanno subìto una flessione del 9,5%, che lo pongono al terzo posto in Italia”.

“Premesso e ribadito che tutti i capoluoghi, tranne Crotone, e i principali centri non capoluogo del Paese, hanno registrato un decremento del numero di negozi di vicinato, mentre sul fronte della ristorazione e delle sistemazioni alloggiative c’è stata una tendenza piuttosto generalizzata alla crescita, l’analisi dei dati rivela una insolita peculiarità: tra le città dinamiche ve ne sono molte del Sud, mentre tra quelle più esposte a situazioni critiche numerose sono collocate nel Nord Est. In entrambi i casi, a fare la differenza è stata l’attrattività turistica o la presenza di studenti fuori sede, che svolgono un’azione resiliente rispetto alle tendenze generali, che restano di contrazione”.

“In testa alla classifica delle città più vitali, quindi, ci sono Crotone, Olbia e Matera per il commercio al dettaglio, con il Comune lucano che svetta anche nel settore delle attività ricettive e ristorative. Di contro, a guidare la classifica delle criticità sono Belluno, Gorizia e Savona. Tra i venti peggiori risultati, uniche città del Sud sono Isernia e Avellino. Negli anni successivi al 2021 la situazione si è ulteriormente aggravata, soprattutto in certi segmenti, come ad esempio quello alimentare ed ha penalizzato maggiormente il Mezzogiorno.
Gli andamenti dei diversi settori commerciali e del terziario in generale sono comunque molto differenti tra loro e spesso segnati dalla trasformazione dell’offerta nel tempo”.

“Le categorie più colpite nei centri storici sono i carburanti (-40,7%), libri e giocattoli (-35,8%), mobili e ferramenta (-33,9%), commercio ambulante (-27,8%), vestiario e calzature (-25,5%), alimentari (-12,5%) e tabacchi (-3,4%). In controtendenza, invece, farmacie e parafarmacie (+12,4%), computer e telefonia (+11,8%). Per quel che riguarda le attività fuori casa, complessivamente diminuiscono alberghi (-5,7%) e bar (-14,1%), ma aumentano vertiginosamente B&B e case vacanza (+89,1%) e punti ristorativi (+19,7%). Di fronte ad una turistizzazione delle città però non mancano problemi e criticità”.

Infine, sempre più significativo è il contributo di esercenti stranieri alla nascita di nuove attività (+38%): “Al di là della complessità del quadro generale – conclude Marinelli – restano la certezza di una crisi complessiva del commercio e di una situazione particolarmente grave nella città di Avellino e nell’intera Irpinia, soprattutto i centri più interni, che risentono notevolmente anche del fenomeno di spopolamento in atto da anni. Meno attività sul territorio significa non solo meno occupazione ed economia più povera, ma anche meno servizi e maggiore degrado. E’ necessaria quindi massima attenzione e concretezza da parte delle istituzioni, prima che sia troppo tardi per intervenire”.

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