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Caloia racconta Balducci, autore della Pala del perdono di Gesualdo

// Das Altarbild von Giovanni Balducci "Il Perdono di Gesualdo", gemalt 1609 im Auftrag des Fürsten Carlo Gesualdo, zeigt links unten am Rande Carlo Gesualdo, der von weltlichen Instanzen nicht für den Mord an seiner Frau verurteilt werden konnte, auf einem Niveau mit den Verdammten. Aber: Noch ist Hoffnung. Neben ihm, für ihn bittet sein Onkel, Kardinal Alfonso Gesualdo (Kardinal Carlo Borromeo). Altarbild in dem Ort Gesualdo, in der Kirche Santa Maria delle Grazie (Convento dei Frati Cappuccini).

E’ dedicato a “Giovanni Balducci, detto il Cosci- un manierista dimenticato dalla storia tra Firenze, Roma e Napoli” lo studio di Francesco Caloia, critico d’arte, già dirigente scolastico. Il volume sarà presentato il 22 giugno presso la chiesa della Madonna delle Grazie di gesualdo. A confrontarsi con l’autore il sindaco Domenico Forgione, l’assessore alla cultura Gianfranco Bianco, Luigi Petruzzo, presidente della pro loco di Gesualdo, Giuseppe Mastrominico, direttore Gesualdo edizioni, Leonarda Bongo, architetto e docente di storia dell’arte, Monsignor Tarcisio Gambalogna, incaricato diocesano beni culturali ed edilizia di culto della diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi, Michele Ciasullo, presidente dell’Università Popolare dell’Irpinia

Caloia ripercorre la storia e le molteplici influenze che caratterizzeranno la produzione dell’artista, autore della Pala del Perdono di Carlo Gesualdo. Formatosi a bottega da Giovanni Battista Naldini, a sua volta influenzato da Giorgio Vasari e dal tardo manierismo fiorentino, collaborò con Federico Zuccari al completamento degli affreschi del Giudizio Universale della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. Si iscrisse all’Accademia delle arti del disegno nel 1578.

Nel 1577 e nel 1580 lavorò con il Naldini agli affreschi nella Cappella Altoviti della Chiesa della Trinità dei Monti a Roma. Tornato a Firenze, si unì al gruppo di artisti capeggiati da Alessandro Allori che decorarono i soffitti dei corridoi all’ultimo piano degli Uffizi.

Tra il 1581 e il 1584 è tra gli artefici della decorazione del chiostro grande di s. Maria Novella in Firenze con ben quattro lunette: Nascita di GesùLa lavanda dei piedi, la deposizione del corpo di s. Domenico nel sepolcro, s. Antonino entra a Firenze in veste di arcivescovo.

Per le nozze di Ferdinando I de’ Medici con Cristina di Lorena fu chiamato a creare apparati e scenografie magnificenti. In particolare prestò la sua opera in Santa Maria del Fiore, dove rimane un’Ultima Cena da lui dipinta. Lo stesso anno dipinse il matrimonio mistico di Santa Caterina che si trova nella chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano.

Per il cardinale Alessandro de’ Medici dipinse quello che è considerato il suo capolavoro, un ciclo di scene della Vita del Cristo nell’Oratorio dei Pretoni, conosciuto anche come oratorio di Gesù Pellegrino, in Via San Gallo a Firenze.

Nella sua pittura convivono echi del classicismo quattrocentesco, soprattutto nella resa dei volti, con i caratteri più schiettamente devozionali della pittura sacra fiorentina di quel periodo, dominata dall’influenza di Santi di Tito. Con il Naldini, lavorò alla decorazione del Duomo di Volterra, per esempio dipingendo il Miracolo dei pani e dei pesci nella Cappella Serguidi. La Natività a Volterra è datata 1592.  Al periodo napoletano e alle sue influenze spagnoleggianti, viene attribuita la pala d’altare del Perdono di Carlo Gesualdo datata 1609, di pregiatissimo rilievo, oggi custodita nella chiesa di Santa Maria delle Grazie di Gesualdo. Morì a Napoli dopo il 1631 e fu sepolto nelle Catacombe di San Gaudioso dove finora si può vedere il suo teschio incastrato nel muro con un corpo dipinto al di sotto.

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