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Corsa a tappe fino a maggio

Manovra economica, procedura d’infrazione, elezioni europee, resa dei conti nella maggioranza sempre incombente: la corsa a tappe avviata all’inizio di autunno segue una scansione temporale già nota, che potrebbe riservare sorprese in ogni momento. Un giorno sì e uno no i giornali più autorevoli (ne esistono ancora nonostante quel che pensa Di Maio) danno per imminente la crisi, o in seguito ad un incidente parlamentare come quello sull’attenuazione del reato di peculato, o per via dell’ambizione di Salvini di passare all’incasso dei consensi finora ottenuti solo virtualmente nei sondaggi. Il primo nodo da sciogliere è quello che vede intrecciati i tempi della manovra in Parlamento e quelli della punizione europea da Bruxelles. Se Juncker e i suoi commissari, pressati dai governi nazionali che non vogliono fare sconti all’Italia, sembrano irremovibili, a Roma nessuno vuol perdere la faccia. Il presidente del Consiglio Conte ha detto alla Camera che il governo proporrà la “rimodulazione” di alcuni interventi e chiederà in caso di confermata bocciatura tempi di attuazione “molto distesi” per le misure correttive richieste, cioè in pratica una tregua fino a primavera, cioè fino alle elezioni. In contemporanea, anche i due vice premier che fino a ieri non avevano risparmiato attacchi ai “burocrati” europei, hanno lanciato una campagna di simpatia finalizzata a riannodare il dialogo e a prendere tempo.

Se tutto andasse come negli auspici, la coalizione giallo-verde potrebbe cantare vittoria e avviarsi alla spartizione di un bottino elettorale reso più consistente dalla debolezza delle opposizioni. Ma non è detto che la strada sia spianata. In primo luogo, che cosa vuol dire “rimodulazione”? A Di Maio si devono essere drizzate le orecchie, tanto è vero che si è immediatamente precipitato a dichiarare via Tv di aver dato l’ordine di stampare sei milioni di tessere elettroniche per il reddito di cittadinanza, che saranno pronte a breve insieme alle istruzioni per l’uso; e ciò prima ancora di conoscere la platea dei beneficiari, che dovrebbe essere individuata in un atto legislativo successivo all’approvazione del bilancio.

Tanta fretta si spiega tenendo conto della seconda tappa del giro d’Italia (e d’Europa) politico di cui sopra: l’appuntamento con la campagna elettorale che entrerà nel vivo in pieno inverno anche se il voto è previsto solo a maggio. I grillini hanno bisogno di arrivare a quella scadenza con un risultato clamoroso che li rimetta in partita. Finora hanno subito l’iniziativa della Lega, che nei sondaggi li sovrasta di almeno sei-sette punti, avendo ribaltato il rapporto di forza del 4 marzo e progettando di insediarsi anche nel Mezzogiorno dove Di Maio aveva mietuto consensi proprio promettendo quello che adesso definisce “il più grande investimento sul capitale umano” ma che per molti dei suoi alleati-rivali è solo un sussidio a fondo perduto, una misura assistenzialista, una mancia elettorale.

Dunque, quella che per Giuseppe Conte potrebbe essere una “rimodulazione” della manovra economica, per il suo vice pentastellato diventa un’esigenza imprescindibile, nelle modalità ma soprattutto nei tempi di erogazione: il reddito si deve materializzare prima delle europee, altrimenti il capo politico dei Cinque Stelle arriverebbe all’appuntamento con gli elettori senza armi in mano. E, in caso di rottura e di crisi di governo, dovrebbe dichiarare il proprio fallimento.

di Guido Bossa edito dal Quotidiano del Sud

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