Corriere dell'Irpinia

Di Iorio e i Comunisti dell’Alta Irpinia al tempo di Berlinguer. Una stagione di lotta e speranze

di Franco Festa

Peppino Di Iorio nel suo appassionante libro su “I comunisti dell’ Alta Irpinia al tempo di Berlinguer” affronta una pagina di storia entusiasmante, ma poco conosciuta, della nostra provincia. Stiamo parlando di un periodo, dagli inizi degli anni ‘70 al dopo terremoto, cruciale per la storia politica e civile dell’Irpinia, caratterizzata dallo scontro tra due modernità: quella che, sostenuta dal tema del rinnovamento, attraversa e scompagina un PCI fino ad allora chiuso, senza slanci, elitario, e quella, di governo, che vede la DC impegnata nel tentativo di rompere l’isolamento delle zone interne con progetti forti e con investimenti notevoli di denaro pubblico.

La favola, che ancora oggi molti amano raccontare, di uno scontro tra una DC avanzata e di un PCI arretrato, è totalmente falsa e funzionale solo a una visione distorta di ciò che è veramente accaduto in quegli anni. Il libro di Di Iorio ci restituisce, con passione e freschezza, ciò che successe in Alta Irpinia, fotografando, a mò di esempio, alcune importanti realtà, quella di Lacedonia, di Calitri, di Lioni, di Bisaccia, di Sant’Andrea di Conza, di Sant’Angelo dei Lombardi e di un altro gruppo di paesi. Chi scrive non è un freddo scrutatore della realtà, ma un giovane di 20 anni, fino ad allora impegnato nello studio della Filosofia, e impetuosamente trascinato nell’ agone della politica da due figure centrali nella rivoluzione culturale che scompaginò il PCI in quegli anni: Antonio Bassolino, giovanissimo segretario nominato dal Comitato Regionale per sedare la crisi interna che allora viveva la Federazione irpina, e Michele D’Ambrosio, segretario organizzativo, “ dal fascino intellettuale straordinario”.

La forza del racconto è tutta qui, di trascinarci insieme a lui in un viaggio incredibile, quello di un giovane appena nominato segretario provinciale della FGCI verso l’ Alta Irpinia, che fino ad allora conosceva solo di nome. DI Iorio ci restituisce, di ogni paese, non solo il dato politico, ma il dato emozionale, le facce, il cuore, la passione di tante figure piccole e grandi, e noi siamo trascinati in quelle sezioni affollate dove si discuteva di politica, tra quegli uomini che con il loro impegno e le loro idee di modernità provavano a strappare quelle terre dalla loro miseria e dal loro destino di emigrazione, o nelle case, dove si era accolti come fratelli, o nelle osterie dove la solidarietà si esprimeva nel cibo e nell’allegria. Tanti e tanti sono i nomi che si ritrovano nel libro: tanti giovani attratti dal linguaggio di verità di Bassolino, dalla sua capacità di riconoscere limiti ed errori del passato, dal suo appello alle nuove energie di portare dentro il Pci le loro aspettative, le loro energie, di essere protagonisti di una nuova storia del Partito. Fu una stagione esaltante, che trovò nel rinnovamento la sua parola d’ordine, e nuove forme organizzative, nei comitati di zona e, nel dopo terremoto, con la venuta di Berlinguer, nei comitati popolari.

Stagione anche di illusioni e di sconfitte, rispetto allo strapotere della DC, ma epoca che non andrebbe dimenticata, mai. ”IL PCI, in quegli anni in Alta Irpinia, rappresentò il “granello di sabbia” nell’ingranaggio del  sistema di potere della Dc, anche nei paesi dove i rapporti di forza non permettevano illusioni o speranze. Era il partito del riscatto, manteneva, in alcuni suoi tratti, una lentezza ai cambiamenti più radicali e, in alcune realtà, era profondo innovatore. In generale un grande, splendido strumento di emancipazione di massa”. Il merito di Peppino di Iorio è di restituirci quel tempo e quel partito vibrante, lucido, presente.

 

Exit mobile version