Corriere dell'Irpinia

Dimissioni volontarie, nel 2022 sono state 149 in provincia di Avellino. Lomazzo: donne ancora penalizzate nel mercato del lavoro

Le convalide relative alle Dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei
lavoratori padri ai sensi dell’art. 55 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151
complessivamente adottate dall’ INL, su tutto il territorio nazionale, nell’anno 2022, risultano essere in crescita rispetto all’anno 2021. A sottolinearlo la consigliera regionale di parità Domanica Lomazzo “Nell’anno 2022 sono state: 61.391 e di queste 44.699 (pari al 72,8% del totale) si riferiscono a donne e 16.692 (pari al 27,2%) si riferiscono a uomini.
La tipologia di recesso più frequente è costituita dalle dimissioni volontarie (59.445 pari al 96,8% del totale) e di queste 43.284 (72,8%) si riferiscono a donne e 16.161 si riferiscono ad uomini . Rispetto al 2021 si assiste ad una crescita delle convalide ( più 17,1%) corrispondente a 8.955 provvedimenti in più : 7.037 sono riferite a donne e 1.918 a uomini . La crescita delle dimissioni volontarie interessa le donne in misura comparativamente maggiore rispetto agli uomini (più 22,3% contro il più 14,4%). Il 79,1% delle 44.699 dimissioni/risoluzioni riferite alle donne si colloca tra una fascia di età tra
i 29 e i 44 anni. La presenza più consistente si registra tra i 34 e 44 anni dove le donne risultano essere 18. 853 e gli uomini 8.812.
Sul dato complessivo delle dimissioni/risoluzioni da parte delle/e lavoratrici/lavoratori convalidate: il 58, 4% (35.871) del totale ha 1 figlio, il 32,5% (19.966) ha 2 figli e il 7,5%, (4.602) più di 2 di figli.
L’età del figlio che più incide in questo fenomeno è quella che intercorre da 0 ad 1 anno (il
50%). Quest’ultimo dato testimonia come la fascia critica per restare nel mercato del lavoro sia proprio immediatamente dopo la maternità.
In ottica di genere emerge complessivamente una maggiore esposizione delle lavoratrici madri al recesso dal mercato del lavoro in presenza di figli sino ai 3 anni. Fenomeno che, associato all’età anagrafica, evidenzia una età media di 33 anni per le donne al primo figlio e una soglia di fecondità femminile ai 45 anni. Anche nell’anno 2022 la maggior parte dei provvedimenti di convalida riguarda lavoratrici e lavoratori con qualifica di impiegato o di operaio, che rappresentano quasi il 92% del totale delle dimissioni/risoluzioni convalidate, percentuale sostanzialmente in linea con quella degli anni precedenti. Relativamente al totale delle convalide femminili, il 54,6% delle donne ricopriva un profilo impiegatizio ed il 38,4% quello di operaia e assimilati”.

L’andamento delle convalide rispecchia la distribuzione di genere nel mercato del lavoro
dipendente. Le donne sono maggiormente rappresentate nelle qualifiche di livello intermedio e meno presenti ai livelli apicali a dimostrazione che nel lavoro persiste ancora una preoccupante segregazione verticale. E, comunque, la qualifica professionale non costituisce una scelta di fuoriuscita dal lavoro in condizione di genitorialità, come dimostra il dato relativo alle dimissioni da parte delle donne in posizione apicale . I dati del 2022, infatti, fanno registrare relativamente alle convalide di dimissioni/risoluzioni delle donne dirigenti un valore assoluto superiore a quello maschile: 410 contro 326, pari rispettivamente al 55,7% e al 44,3% del totale di genitori con qualifiche dirigenziali. Ciò dimostra la situazione strutturale di maggiore esposizione delle donne, a
prescindere dal profilo di inquadramento. I dati sull’anzianità di servizio mostrano che le lavoratrici madri ed i lavoratori padri interessati da convalide(che si dimettono o aderiscono a risoluzioni consensuali) presentano, secondo un andamento stabile nel tempo, una bassa anzianità di servizio, entro i primi 3 anni di rapporto di lavoro ( 30.086 di cui il 68,5% si riferisce a donne). Segue la fascia da 3 a 10 anni con 24.296 che per il 78,9% riguarda lavoratrici madri. In misura nettamente inferiore sono le convalide riferite a dimissioni o risoluzioni consensuali di lavoratrici o lavoratori con oltre i 10 anni di servizio, anche per l’incidenza anagrafica dei lavoratori e delle lavoratrici in condizione di genitorialità, ma anche in questi casi la quota femminile resta sempre prevalente su quella maschile”.

E’ il terziario l’ambito produttivo in cui le convalide sono maggiormente concentrate permane il terziario, settore con significativa presenza femminile a cui si riferisce circa il 58% (35.530) del totale delle convalide di cui 28.607 donne; rilevante anche il dato dell’industria, pari a circa il 13% del totale (7.981) di cui 4.441 donne e dell’edilizia, il 2,6% del totale (1.582) di cui 532 donne .Con riferimento alla tipologia di orario di lavoro, il 65,8% (40.402) del totale dei provvedimenti di convalida si riferisce a rapporti di lavoro a tempo pieno, con prevalenza dei provvedimenti riferiti alle lavoratrici madri,(61,8%) . Quest’ultime fanno registrare anche il 93,9 del totale dei 20.983 recessi di lavoratori/trici con contratti da lavoro part-time . Quest’ultimo dato riflette la configurazione del mercato del lavoro in generale, in cui le donne sono oltre il 70% del totale dei/le lavoratori/trici occupati con tipologia contrattuale part-time.
Da mettere in evidenza anche il dato relativo ai 1673 casi di dimissioni causate dalle richieste di trasformazione della tipologia contrattuale (Part-time/flessibilità) da parte delle madri lavoratrici e non accordate dai datori di lavoro ( rispetto alle 64 richieste degli uomini) per un totale di 1.737 .
“Da ciò si evince – prosegue Lomazzo – che il ricorso al lavoro flessibile da parte delle donne può essere un argine alle dimissioni volontarie, ma anche la dimostrazione che nella coppia non vi è ancora condivisione del ruolo di genitore. Le convalide di dimissioni per dimensione aziendale nell’anno 2022 sono state nelle Grandi imprese (oltre 250 dipendenti) :17.587; nelle Medie imprese ( da 50 a 249 dipendenti ) :10.395 ; nelle Piccole imprese (da 10 a 49 dipendenti): 4.128; nelle Microimprese ( da 0 a 9 dipendenti): 17.211.
In ottica di genere, di tutte le 44.699 convalide di dimissioni registratesi nel 2022 riferite alle donne, la quota più persistente (il 32%) è legata alla microimpresa, segue per la grande impresa il 26,2 , per la piccola il 22,3 ed, infine, per la media il 15,5. In ottica di genere, per quanto concerne le convalide delle dimissioni femminili, la motivazione prevalente è la difficoltà di conciliazione tra lavoro e cura, in particolare : il 41,7% ha collegato tale difficoltà all’assenza di servizi; il 21,9% a problematiche legate all’organizzazione del lavoro. Complessivamene la difficoltà di cura copre il 63,6% di tutte le motivazioni di convalida addotte dalle lavoratrici madri. (per gli uomini, invece, la motivazione prevalente del recesso è di carattere professionale il 78,9 % ha riferito che la cessazione del rapporto è avvenuta per passaggio ad altra azienda e solo il 7,1% la ha ricondotta ad esigenze di cura dei figli).

La difficoltà di conciliazione per motivi legati ai servizi di cura comprende l’assenza di parenti di supporto, l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato (es. asilo nido o baby-sitter), La difficoltà di conciliazione per motivi legati all’organizzazione e alle condizioni di lavoro particolarmente gravose o difficilmente conciliabili con le esigenze di cura della prole copre il 60% delle motivazioni totali. Questa comprende la distanza dal luogo di lavoro, il cambiamento della sede di lavoro, le ragioni concernenti l’orario di lavoro come la mancata modifica degli orari lavorativi (turni,flessibilità, ingresso/uscita, ecc.), la mancata concessione del part- time.

Rapporto Nord Sud
“La distribuzione dei provvedimenti di convalida di Dimissioni e risoluzioni consensuali delle
lavoratrici madri e dei lavoratori padri ai sensi dell’art. 55 del DLGS 151/01, nelle regioni del Nord, del Centro e del Sud Italia, risulta coerente – prosege Lomazzo – con il differente andamento occupazionale che caratterizza gli ambiti territoriali .Il numero delle convalide risulta in crescita rispetto all’anno 2021: nell’Italia Settentrionale rappresenta oltre il 67% (41.239) del totale complessivo (nel 2021 erano state 35.367); nell’Italia Centrale il 19% del totale complessvo (11.726),(percentuale corrispondente a quella del 2021 in cui le convalide erano 9.898).  Nell’Italia Meridionale il 14% del totale complessivo (8.426 ),( percentuale simile al 2021 in cui le convalide erano 7.171). In tutti gli ambiti territoriali si registra una spiccata prevalenza delle convalide relative a lavoratrici madri, che rappresentano: l’88% delle convalide emesse nel Meridione, con un calo del 2% (90% nel 2021); il 77% nell’Italia centrale (come nel 2020); il 69% nel Settentrione. (67% nel
2021)”.

La distribuzione delle convalide per classi di età, a livello territoriale, risulta sostanzialmente in linea con i dati rilevati a livello nazionale. La prevalenza delle dimissioni riguarda lavoratrici/lavoratori di età tra i 34 e i 44 anni (3.552 del totale Sud italia il 42% ) e lavoratrici madri e lavoratori padri di età compresa tra i 29 e i 34 anni (3.016 il 36% del totale del Sud Italia). Con riferimento all’anzianità di servizio i dati relativi ai diversi ambiti territoriali risultano conformi all’andamento rilevato a livello nazionale, evidenziando una decisa prevalenza dei provvedimenti rilasciati a favore di lavoratori/lavoratrici con bassa anzianità di servizio fino a 3 anni 4.575 (il 54% del totale del Sud Italia), seguiti da quelli concernenti la fascia di età da 3 a 10 anni 3.215, (il 38% del totale del Sud Italia). Superiore a 10 anni 636 (8% del totale Sud Italia).

La Campania
In Campania 2881 provvedimenti convalidati (Dimissioni/Risoluzione ex art. 55 DLGS 151/2001) (2317 nel 2021), di cui 2.558 relativi a lavoratrici madri (2116 nel 2021) e 323 relativi a lavoratori padri (201 nel 2021).
Dai dati forniti dagli Ispettorati Territoriali regionale e provinciali, emerge che nell’anno 2022 si sono registrate Dimissioni/Risoluzioni ex art. 55 DLGS 151/2001 nelle provincie di: Avellino 149 di cui lavoratrici madri 139 , Lavoratori padri 10; Benevento 134 di cui lavoratrici madri 126 , lavoratori padri 8; Caserta 414 di cui lavoratrici madri 388, lavoratori padri 26; Napoli 1698 di cui lavoratrici madri 1511, lavoratori padri 187; Salerno 417 di cui lavoratrici madri 371, lavoratori padri 46.

L’analisi
“I dati dimostrano – chiarisce Lomazzo – che il vulnus delle conquiste delle donne nella lunga marcia verso la parità e le pari opportunità risiede principalmente nell’organizzazione della nostra società non ancora strutturata compiutamente sulle esigenze di entrambi i generi ed in una cultura vigente, ancora fortemente impregnata di sessismo, che affida alle donne, ancora esclusivamente, la cura dei figli e della famiglia. L’agognata condivisione del ruolo genitoriale, che consentirebbe alle donne di perseguire anche nel lavoro l’effettiva parità di chance accordate all’universo maschile, necessita ancora di ulteriori e più specifici strumenti e provvedimenti normativi oltre che di un radicale cambiamento culturale. Il lavoro rimane, quindi, uno degli ambiti in cui i divari di genere sono più visibili”.

Spiega come “il divario di genere nelle opportunità di accesso, di permanenza, di possibilità di carriera nel mercato del lavoro rimane una triste realtà nel nostro Paese, ed è particolarmente allarmante nel Mezzogiorno. Le regioni del Sud occupano le ultime posizioni nella classifica europea per tasso di occupazione femminile: circa sette donne su dieci non lavoravano; a livello nazionale, la percentuale si attestava al 57,3% a fronte di una media europea del 65%.”(SVIMEZ 2023). Le donne si ritrovano più spesso inattive oppure sottoccupate, costrette a lavorare meno tempo per dare spazio alla cura della famiglia, a dover scegliere tra il lavoro e la famiglia, a dover sacrificare la libertà di autodeterminazione anche economica, a dover sacrificare le proprie aspirazioni. E’ pur vero che anche nell’Unione Europea, dove vengono continuamente implementate strategie per eliminare le diseguaglianze di genere (per ultimo le misure contenute
nel PNRR), i divari non sono scomparsi, ma è nel nostro Paese che si registra la differenza più marcata nel tasso di occupazione tra gli uomini e le donne, e le donne più svantaggiate sono quelle con figli”

Chiarisce come “Le madri, oltre ad essere quelle con il tasso di occupazione più basso, sono anche la categoria che presenta l’incidenza più marcata di lavoro a tempo parziale (circa il 24%). In Campania, dove pure in questi ultimi anni si è registrata una particolare attenzione all’implementazione del lavoro femminile con azioni volte a favorire l’occupazione delle donne, (dall’istituzione di spazi dedicati presso i Centri per l’Impiego -Sportelli Donna- tramite l’utilizzo dei fondi PNRR –Inclusione-Programma GOL-, alla previsione di specifiche premialità/contributi per le aziende che assumono donne, alla previsione di premialità nei singoli interventi a valere sui fondi FESR2021-2027 volti alla valorizzazione della partecipazione femminile e giovanile) urge, come nel resto del Paese ed in particolare nel Mezzogiorno d’Italia, promuovere e sostenere con ancora maggiore incisività e concretezza nel mondo del lavoro le donne, con particolare attenzione
alle donne con figli”

Spiega come “Al Sud, la condizione di genitorialità per le donne risulta ancora più
penalizzante in ambito lavorativo, specialmente se con figli in età prescolare: solo il 37,8% delle madri meridionali con figli fino a 5 anni ha un lavoro (65,1% al Centro-Nord), la metà rispetto ai padri (82,1%). Dati allarmanti che ci restituiscono l’immagine di un Mezzogiorno ancora schiacciato sul male breadwinner model, un modello di sostentamento economico delle famiglie prevalentemente maschile.(Rappoto SVIMEZ 2023). Il potere contrattuale delle donne sul mercato del lavoro e nelle progressioni delle carriere , come risulta evidente, viene per lo più frenato dal carico della maternità e della cura familiare oltre che dall’offerta di lavoro dovuta ad un mercato ancora debole, fattori questi che restano, dunque, i principali ed irrisolti ostacoli e, quindi, tra i principali temi di politica attiva per la permanenza e per l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, sui quali bisogna necessariamente investire con tempestività e determinazione”

Di qui la convinzione della “necessità di un piano strategico per l’inclusione attiva delle donne campane nel tessuto produttivo e per eliminare l’elevato gap di genere nell’accesso al lavoro e nella permanenza nel lavoro oltre che retributivo. E’ necessario porre la questione dell’implementazione del lavoro femminile come azione precipua per favorire la crescita economica e sociale della Regione Campania e del Mezzogiorno e, per questo, risulta strategico continuare ad utilizzare i Fondi Europei anche al fine di sostenere la conciliazione vita/lavoro con progetti operativi e concreti e prevedere un poderoso
piano per implementare l’occupazione femminile nel Mezzogiorno con un sostegno deciso allo sviluppo del lavoro autonomo e, quindi, all’imprenditorialità femminile. Le azioni di ampliamento dell’offerta degli asili, di potenziamento della scuola per l’infanzia, di miglioramento dell’assistenza per gli anziani ed i disabili, di un sostegno diffuso al work life balance debbono essere assunte come impegni primari e ciò anche al fine di invertire la tendenza pluridecennale al calo delle nascite. La diminuzione delle nascite e il progredire della speranza di vita hanno portato l’Italia tra i paesi europei più anziani. Le dinamiche naturali hanno avuto impatti territoriali differenziati, colpendo in maniera più rapida e severa le regioni del Mezzogiorno. Il Mezzogiorno, da area più giovane, diventerà l’area più vecchia del Paese nel 2080, con un’età media di 51,9 anni rispetto ai 50,2 del Nord e ai 50,8 del Centro”(SVIMZ 2023).

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