Inchiesta sugli appalti al Comune di Avellino, l’incubo degli indagati era uno solo: “L’albo pretorio online”

AVELLINO – Di cosa avevano più paura gli imprenditori che volevano ottenere gli appalti a suon di mazzette? Dei magistrati? Delle intercettazioni? Delle forze dell’ordine? NO: dell’albo pretorio online. 

Lo dicono loro stessi, in una delle intercettazioni che ha portato agli arresti bis che sono scattati questa mattina all’alba: “La peggiore cosa che hanno inventato…” – “… E’ l’invidia?” – “No… la peggiore di tutte le cose che hanno inventato, voi non lo riuscite a capire, è l’albo pretorio online”.

Tanto è vero che tutta l’inchiesta Dolce Vita è partita proprio dalla mancata pubblicazione di decine e decine di delibere nel corso della passata amministrazione Festa; delibere relative a decine e decine di appalti e incarichi; per centinaia di migliaia di euro. Una mancata pubblicazione che non era sfuggita alle opposizioni consiliari e che aveva portato alla presentazione di denunce e richieste di verifica. Da qui i primi arresti dell’aprile scorso e quelli scattati oggi.

A testimonianza che sono proprio le regole sulla trasparenza amministrativa a creare i maggiori problemi a chi vuole lucrare sui fondi pubblici. E’ proprio in quest’area grigia tra il pubblico e il privato che si consumano i più odiosi reati a danno della pubblica amministrazione. E non dovrebbe avere un colore politico la battaglia contro la depenalizzazione dei reati amministrativi: perché se il governo della Cosa Pubblica è sano, il beneficio è per tutti. 

Gianluca Rocca: