Le manifestazioni di piazza delle ultime settimane, le numerose dichiarazioni attraverso i canali informativi di situazioni non più sopportabili, l’assembramento di trecento giovani in un quartiere popolare di Milano e la reazione scomposta all’arrivo della polizia costretta a lanciare un lacrimogeno e le tante demagogiche dichiarazioni di politici con scarso senso di responsabilità, ci inducono ad una riflessione concettuale sullo sdegno. Più volte, sulle pagini del nostro quotidiano, abbiamo espresso la nostra indignazione civile e sociale in ordine a tante situazioni assurde che rasentavano l’immoralità. Ma le finalità e la stessa motivazione di fondo erano diverse .Attualmente avverto che, nel disorientamento complessivo , sanitario, economico, sociale e spirituale, invece di recuperare quell’oncia di responsabilità di cui siamo comunque portatori , diventa sempre più diffusa una reazione incontrollata e pluridirezionale ,Sembra che tale reazione costituisca l’unica terapia possibile per curare l’ansia e le paure che ci assalgono : ci manca un sentiero credibile da percorrere , una meta conosciuta da raggiungere, dei compagni di viaggio con cui condividere lo sforzo del cammino da compiere. Poiché ogni reazione nasce dallo sdegno, cioè da una pratica piena di risentimento misto a disprezzo di qualcuno o di qualcosa che si carica di ira e sfogo violento, credo necessario tentare qualche modesta riflessione tematica. Anzitutto l’esperienza quotidiana ci insegna che lo sdegno , se non razionalmente canalizzato, non contiene nessun impegno per il cambiamento o per la soluzione concreta di problemi drammatici come quelli che stiamo vivendo . La mia è una serena riflessione , frutto anche della volontaria quarantena vissuta che, peraltro, mi ha consentito di leggere una celebre pagina della Bibbia, dove il profeta Giona, di fronte alla confusione civile e morale di Ninive , cede allo sdegno, e questo lo porta al rifiuto di una sua intercessione per gli abitanti della città in difficoltà. Ma Dio lo richiama alla responsabilità del suo ruolo , ai suoi doveri di solidarietà verso le persone , gli animali e il creato .L’attualità dell’intervento di Dio in situazioni difficili è significativa perché non sorpassa chi direttamente e concretamente ha il dovere e la competenza per intervenire. Non solo ‘ma l’insegnamento divino dimostra che , nella immediatezza delle situazioni difficili, non serve stracciarsi le vesti o cedere allo sdegno .Sono proprio le situazioni difficili che chiamano in causa la nostra responsabilità e il nostro impegno .A tal proposito , come ho già ricordato, ho sempre sommessamente sostenuto che la “indignazione”, spesso letta come sinonimo di sdegno, può avere invece un significato positivo se intesa come giusta e serena valutazione di ciò che offende il senso di umanità e di giustizia : penso alla santa indignazione di manzoniana memoria di Fra Cristoforo per la persecuzione di Lucia o quella di Mons. Romero contro gli “squadroni della morte”.
Attualmente il termine più gettonato è “rivendicazione: i nostri giorni sono momenti di continue richieste di diritti , anzi di “risarcimenti” per i danni pandemici, richieste certamente sacrosante, ma non sono comprensibili gli i episodi di sdegno incontrollato alla ricerca , comunque, di un colpevole da individuare ..Nel quadro di questa situazione sempre più complessa e confusa credo che occorra recuperare quell’oncia di responsabilità di cui tutti noi siamo portatori . Occorre, pertanto, evitare il rischio di un corto circuito per cui la giusta indignazione può scivolare in uno sterile e violento sdegno. I risultati iniziali di questo corto circuito sono sotto gli occhi di tutti. Quello che non è accettabile è che’ chiunque ha ambiti e compiti di responsabilità relazionale con la comunità di appartenenza , in presenza di un disorientamento sempre crescente, non avverte il bisogno di interagire con solidarietà generosa con i portatori di non pochi bisogni materiali ed immateriali. I primi destinatari di questa doglianza sono i rappresentanti istituzionali eletti che, ancora una volta , mostrano di non essere all’altezza del loro compito e dei loro doveri.
di Gerardo Salvatore