In questa città ciò che manca è l’indignazione. Tutto scivola, diventa untuoso. Ci sono, in realtà, due città. Quella dei pastrocchi, dei comitati di affari, degli interessi a danno della comunità. E l’altra, quella degli Avellinesi che, pur denunciando situazioni di gravissima difficoltà, non riescono a farsi sentire. O, forse, non vogliono. Prendiamo il caso del teatro “Gesualdo”. E’ una vicenda miserevole, affidata a burocrati che da mesi non riescono a far quadrare i conti. E il sindaco Foti? Si rivela sempre più maestro di indecisionismo. Il Gesualdo era la sola realtà che aveva onorato la città e la sua cultura. Poi persecuzioni e vendette hanno costretto il presidente Cipriano a gettare la spugna. Era stato ingenuo: si era lasciato sfuggire l’ambizione a concorrere per sindaco di Avellino. E con lui, una ineffabile banda di accattoni e volgari mestatori, è stata decretata la fine del solo sogno avellinese. Oggi non c’è cartellone e di conseguenza è impossibile fare una campagna abbonamenti. Altra violenza: il personale che resiste non conosce retribuzione né ha certezze del futuro. Eppure tutto scivola. Perché sono altri gli interessi di chi amministra questa città. Sono gli affari.