Corriere dell'Irpinia

Guanciale al festival di Giffoni: l’arte è sempre un atto politico

E’ l’intera sala ad acclamare Lino Guanciale, premiato con il Giffoni Award “È bellissimo essere qui. Giffoni è unico, irripetibile, meraviglioso”, esclama. E ancora: “Siete una boccata d’aria fresca”. Dopo la lunga sfilza di domande dei giffoner, Lino Guanciale viene premiato con il Giffoni Award.

Tante le curiosità dei ragazzi che, in sala Truffaut, si alternano nel porre domande all’attore abruzzese. A iniziare dal perché la scelta di fare l’attore. “Ho sentito attrazione per cinema e teatro a cinque anni. Io ricordo La voce della luna di Fellini che ho visto a cinque anni”. Però, l’attore sembrava un lavoro troppo precario. E così, “dopo aver oscillato tra l’idea di fare benzinaio e l’attore, passo gli anni della scuola convinto che avrei fatto il giornalista o il medico, o tutti e due”. Poi, il caso ci mette lo zampino: un corso pomeridiano di teatro per “trascorrere un po’ di tempo con un mio amico” non gli permette più di tornare indietro: “Quando sono salito sul palcoscenico la prima volta ho sentito che, nel silenzio che si costruiva in sala, riuscivo, per la prima volta, a comunicare con gli altri. Il teatro e il cinema mi hanno salvato moltissime volte”. La decisione, dunque, arriva a 19 anni. “Avevo anche fatto il test a medicina a Roma ed ero entrato – dice – L’ultimo giorno disponibile, però, non mi sono iscritto alla facoltà”.

Le curiosità dei ragazzi non risparmiano i suoi maestri e i suoi riti. “Di maestri ne ho avuti moltissimi – afferma – Il primo insegnamento me lo ha dato Gigi Proietti. Lui prima di andare in scena era terrorizzato, era nel panico totale”. Perché, “se non hai paura prima di andare in scena, ci diceva, fattela venire. Al palcoscenico non si dà mai del tu, si dà del lei”. Quanto agli atti scaramantici, racconta che di riti prima di lavorare ne ha avuti moltissimi, “ma adesso li sto un po’ abbandonando. Per ora – confessa – mi sono tenuto questo: entrare in scena con il piede sinistro. Se entro con il destro cado. Inoltre, non mangio prima di entrare in scena, per l’ansia”. Non solo anzia: Guanciale non nasconde di avere anche “paura del giudizio. Io ce l’ho tutti i giorni Avevo anche paura di venire qui per rispondere alle vostre domande”. Ma “la paura del giudizio non si combatte, si accetta”. Perché, alla fine, ciò che deve prevalere è “divertirsi a fare quello che piace fare”.

C’è spazio, tra le domande dei ragazzi, anche per una domanda sul suo impegno politico. Un anno e mezzo fa, Lino Guanciale è stato, in Abruzzo, il portavoce del comitato a supporto della candidatura di Elly Schlein a segretaria del Partito Democratico. “Non c’è niente di peggio al mondo dell’indifferenza”, dice citando Gramsci. “Se devo darvi un insegnamento vi dico di andare a votare. Non potete consentire che il Paese che voi dovete costruire sia nelle mani di chi non avete scelto”. L’attore ricorda che “il diritto di voto è anche un dovere” ed esorta i giffoner a “non credere a quelli che dicono, parlando dei politici, che sono tutti uguali”. Discorso simile per l’arte: “Chiunque sta di fronte a un altro a parlare ha una responsabilità politica”. Dunque, “chi fa arte sta facendo un atto politico. Non si può fare arte senza prendersi questa responsabilità”.

Tra un consiglio e l’altro ai giffoner che sognano di fare gli attori, non manca una considerazione sul fatto che “il nostro Paese dà poco del prodotto interno lordo al comparto culturale”. E non mancano neppure riflessioni che hanno a che fare con il modo di ognuno di stare al mondo: “Dove trovo la forza per fare tutte le cose che faccio? Sfatando un luogo comune: la vita non è corta, è lunga. Può essere pienissima di cose. Ogni volta che si cade ci di deve rialzare. L’importante è rialzarsi almeno una volta in più di quella in cui si è caduto”. Anche perché, in fondo, c’è sempre tempo per fare tutto: “La gioventù finisce quando smetti di avere freschezza. Finché sogni che il mondo cambi sei giovane”.

Prima dell’incontro con i giffoner, Guanciale ha riposto alle domande dei giornalisti. Diversi gli argomenti trattati, a iniziare sulla prossima stagione del Commissario Ricciardi, in onda nella seconda parte della stagione 2024-2025: “Non spoilero, anche se i lettori e le lettrici dei romanzi di de Giovanni sanno dove si va a parare. In questi quattro episodi, ora in postproduzione, bisogna aspettarsi la stagione più completa. L’evoluzione di Ricciardi si compie”. Tra le altre cose, “Ricciardi si apre con la persona che ama di più al mondo e che diventa il suo destino nella parte relazionale. Tutto ciò per dire che c’è un matrimonio di mezzo. È un momento bello per la serie”. E ancora: “Il termometro politico influenza le nostre vite. Mai come in questa stagione la temperatura politica di quegli anni non è solo uno sfondo ma fa parte delle scelte dei personaggi”.

Riguardo alle sue molteplici attività, arriva una considerazione sugli audiolibri: “Li faccio perché servono ad avvicinare alla lettura chi si è allontanato e anche perché mi propongono libri che mi interessa leggere”. Insomma, l’intento è “essere più trasversali possibile, mettere in campo tuti gli strumenti per avvicinare le persone alla lettura. E l’audiolibro è molto importante”. Progetti futuri? Se al momento è nelle sale il suo film, con Silvia D’Amico, L’invenzione di noi due, tra qualche mese Lino Guanciale tornerà anche al teatro, per lui irrinunciabile, e sarà a Milano, a Napoli e a Roma.

L’appello da Generazioni Connesse: usate i social in modo consapevole

Dal cyberbullismo al revenge porn, Sono temi affrontati di frequente al festival. Sia attraverso i film in concorso che attraverso gli ospiti che si alternano nel corso delle giornate. E anche l’ideatore e fondatore del festival, Claudio Gubitosi, salito sul palco a salutare gli ospiti, lo fa rilevare alla platea presente nel corso dell’incontro promosso nell’ambito del progetto Safer Internet Centre – Generazioni Connesse spiegando come, in una solo giornata, certi temi sono stati declinati all’interno del programma, “dalla presentazione del film “Il ragazzo dai pantaloni rosa” alle parole del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Zuppi” in visita questa mattina al festival.

Generazioni Connesse raccoglie un gruppo di organizzazioni che hanno a cuore la sicurezza dei più giovani e dei genitori. Si tratta di un progetto coordinato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito con il partenariato di alcune delle principali realtà italiane che si occupano di sicurezza in rete: Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Polizia di Stato, gli Atenei di Firenze e “La Sapienza” di Roma, Save the Children Italia, Telefono Azzurro, la cooperativa EDI onlus e Skuola.net e ovviamente Giffoni.

Guidati da Daniele Grassucci, co-fondatore e direttore di Skuola.net tanti gli ospiti, a iniziare da Nadia Della Costa di Save The Children; Mariangela D’Ambrosio della cooperativa Edi; Giuseppe Guardato di Telefono Azzurro; Monica Scannapieco, capo della divisione progetti e ricerca dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale; Barbara Strappato, della polizia postale per la sicurezza cibernetica; Luciano Versace, del garante della privacy; fino ai rappresentanti dello Youth Panel, gruppo di ragazzi coordinato da anni proprio da Giffoni.

Dopo la presentazione degli ospiti, sono stati i ragazzi ad avviare il confronto con le loro domande. La prima è diretta alla dottoressa Strappato ed è di una giovane ragazza che chiede: “Se il mio ragazzo dopo esserci lasciate diffonde alcune mie foto intime in rete, a chi bisogna rivolgersi per farle eliminare?”. Questo tipo azione, spiega la Strappato “è un reato che si chiama diffusione non autorizzata di immagini intime. Noi – commenta la Strappato – nel corso della nostra relazione possiamo scambiarci immagini, anche intime, ma il mio consiglio è sempre quello di evitarlo” il perché è semplice: “Uno screenshot dura per sempre, l’amore no”. Cosa accade: “Subito dopo la segnalazione ci attiviamo, ma siamo costretti a chiedere il permesso alla piattaforma di riferimento. E questo non sempre sortisce effetti. Taluni, collaborano con le forze di polizia, una di queste ad esempio è Facebook; altre invece non collaborano e il fatto che le loro sedi siano all’estero, rende ancora più complicato costringerle a farlo, perr un problema di giurisdizione”. Tra queste, la più ostica è proprio Telegram “che dice: zero byte di informazione alle forze dell’ordine, che tradotto significa scarsa collaborazione”. La Strappato rivela anche che “ci sono allo studio tecnologie capaci di intervenire con maggiore rapidità nell’individuazione e eliminazione di fake e foto”.

Partendo poi dalla lettura del libro “il capitalismo della sorveglianza” di Shoshana Zuboff, uno dei ragazzi si pone il problema della consapevolezza o meno della profilazione degli utenti attraverso l’uso dei dati personali, e di qui la domanda: “Cosa si fa nelle scuole riguardo alla consapevolezza sull’utilizzo dei nostri dati e sulla nostra cittadinanza digitale?”. A rispondere Monica Scannapieco che spiega come l’argomento sia ampiamente normato, in particolare “a scuola con Generazioni Connesse abbiamo tutta una parte consistente di prevenzione e consapevolezza del digitale attraverso anche l’uso degli strumenti” in questo “lavoriamo sulla formazione di studenti, genitori e docenti e alla costruzione di documenti operativi che consentono a tutti la consultazione sui rischi e sulla prevenzione”. A Mariangela D’Ambrosio, gli aspetti più politici dell’argomento: “Capitalismo della sorveglianza significa che ognuno di noi lascia delle tracce in rete. Dati che le grandi aziende recuperano e utilizzano senza che noi ce ne accorgiamo”. Ecco perché “sarebbe necessario sempre un approccio critico, stare sempre molto attenti e valutare i nostri comportamenti in rete”. Infine Luciano Versace, “in Europa esiste un regolamento generale che disciplina questa materia. Per la protezione, sono molte le attività che vengono svolte: dai convegni per la sensibilizzazione dell’utenza fino a trattare i casi di revenge porn contattando i siti e obbligandoli alla cancellazione dei dati”. Anche per Versace “l’uso dei dati deve essere dato in maniera consapevole. Il garante nel 2022 ha promosso il Manifesto di Pietrarsa, proprio per difendere i minori e farli diventare utenti, consumatori, cittadini consapevoli”.

Vera Spadini: la magia dello sport è saper regalare un sogno

E’ il talk di Vera Spadini a chiudere la quarta giornata di Giffoni Sport, a partire dal racconto dell’incredibile preparazione che sta dietro al lavoro di un giornalista, oltre alle incredibili emozioni che si provano nel raccontare certe storie. Una su tutte quella che lei stessa ha portato attraverso un servizio che ritraeva una realtà in difficoltà come quella delle favelas: “è stata un’emozione molto molto forte. É stata un’esperienza di vita e professionale importantissima. Ho visto una realtà che è scioccante per delle condizioni di vita estreme, in cui nonostante tutto ci sono dei bambini che sognano e questa secondo me è la grande magia dello sport: regalare un sogno. Il livello emotivo che si può raggiungere con lo sport può arrivare a superare quello umano a cui siamo abituati”. 

Rispondendo a una domanda degli ambassador di Giffoni Sport, Vera ha spiegato il metodo con cui si prepara alle sue interviste: “Io sono una secchiona. A ogni gara studio tantissimo, preparo pile e pile di file e di documenti sui piloti e le piste. La cosa più importante in un’intervista per me è la preparazione. La seconda è anche il miglior consiglio che possa darvi: ascoltare. Non bisogna pensare già a quello che si vuole dire dopo, ma ascoltare quello che ci viene detto e creare un dialogo in cui subentra il terzo fattore di successo di un’intervista: l’empatia. Fondamentale per creare la relazione con chi parliamo”.

 Per darci un riscontro pratico di questi preziosissimi consigli Vera Spadini ha portato un esempio di un’intervista a Pecco Bagnaia, in cui ha abilmente coinvolto anche Valentino Rossi, chiedendo ai nostri ambassador quali fossero stati i fattori che l’hanno resa un’intervista ben riuscita. I ragazzi hanno centrato il punto, dando il là a Veronica per una lezione di giornalismo preziosissima: “Quello che noi proviamo a fare è creare familiarità all’interno dei collegamenti, riuscendo a informare e a divertire allo stesso tempo. Se riesce quello allora è un buon lavoro.”

Vera ha però parlato anche della sua grande passione per la musica che l’ha portata alla scrittura di un libro su un grandissimo come Kurt Cobain, sottolineando come anche dietro a questa sua opera ci sia stato uno studio incredibile: “per realizzarlo sono andata a leggermi tutti i documenti della polizia che ha indagato sul giallo della sua morte, che è stata catalogata come un suicidio, ma dietro a cui c’è ancora molto mistero. Per questo sono anche andata a riprendermi i documenti dell’ investigatore che proprio la moglie del cantante aveva ingaggiato, che finì però per indagare anche su di lei”.

 Prima di concludere Spadini ha descritto le più grandi emozioni che ha provato nel raccontare alcune storie: “Anche se non si parla di un’emozione positiva, l’europeo a Parigi è stato molto toccante per il pericolo terrorismo. Ma anche raccontare la vittoria del mondiale di Bagnaia è stato bellissimo. Quello che mi piacerebbe raccontare? Altre vittorie di italiani nel mondo e, perchè no, anche emozioni legate al mondo della musica”.

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