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Il fallimento del globale

 

Quando sul finire degli anni Ottanta nel mondo si cominciò a parlare di globalizzazione, da tutte le parti si issarono bandiere trionfalistiche immaginando che questo fatto straordinario potesse consolidare il concetto di solidarietà e di bene comune. Lentamente, con il trascorrere degli anni, si è capito invece che la velocità dell’innovazione stava cancellando tradizioni e valori, acuendo sempre di più le distanze tra ricchezza e povertà. Oggi nel pianeta i ricchi si possono racchiudere in un pugno della mano, mentre i poveri sono aumentati a dismisura. Da tutto questo nascono i conflitti e si fomentano guerre che con motivazioni diverse insanguinano le strade del mondo. Una riflessione va fatta: un processo come la globalizzazione andava governato e non lasciato agire senza regole. Lo stesso mercato e gli scambi delle risorse non dovevano essere sostitutivi delle realtà locali, ma integrarsi con esse. Oggi ciò che avviene è paradossale. Beni prodotti a basso costo vengono esportati, a volte clandestinamente, e marchiati con il made in Italy. La questione lavoro e occupazione salta la fase della produzione per diventare soggetto di collocazione dei prodotti mistificati. Così il cittadino globale perde la propria identità.

edito dal Quotidiano del Sud

di Gianni Festa

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