Site icon Corriere dell'Irpinia

Il Governo giallo-verde e la crisi del Pd

Si discute molto sulla durata del governo Salvini/Di Maio, perché le contraddizioni interne tra i due partiti e l’impossibilità di realizzare in toto le riforme promesse in campagna elettorale (Flat tax, azzeramento della legge Fornero, reddito di cittadinanza) per mancanza di risorse, sono destinate a venir fuori. Non può durare a lungo un governo che si fonda su un “contratto” di potere e non su un’alleanza politica; che si regge su una propaganda di annunci, sulla creazione giornaliera di nemici e su due strategie e programmi diversi e, spesso, contrapposti. La base del M5S comincia a digerire poco la “caduta” del concetto di legalità e di trasparenza per l’attacco di Salvini, -insofferente per l’avviso di garanzia e la sentenza di sequestro dei 49 milioni – ai giudici che non sarebbero eletti dal popolo. Alle prossime elezioni europee e i due partiti si presenteranno divisi ed in concorrenza fra loro, rendendo ancora più evidente a tutti che stanno insieme solo per spartirsi il potere, mentre continuano a fare ognuno la propria politica senza trovare alcuna sintesi e con equilibri sempre al ribasso, come prova – solo da ultimo – il “decretino” su Genova e la divergenza sulla ricostruzione del ponte e sulla revoca della convenzione ad Autostrade.

Il governo fra disuguali sta insieme anche e perché non ha una vera opposizione in Parlamento e nel Paese ed il Pd, che dovrebbe farla, non ne ha la forza, perché si dibatte in una crisi che appare sempre più inarrestabile ed irreversibile. In più, presa dai suoi gravissimi problemi interni e nel tentativo infruttuoso di superare il renzismo, non riesce a contrapporre alla Lega di Salvini, vero capo di un governo della peggiore destra, un progetto alternativo di Paese, riappropriandosi di quei valori che hanno costituito il suo DNA. Thomas Piketty, autore del “Il Capitale nel XX1 secolo” ha scritto sul Corriere che il PD “ora é collocato in un punto indefinito tra centrosinistra e centro destra”. Renzi continua a ricevere applausi alle feste dell’Unità e non si decide –come pure ha promesso più volte- di farsi da parte: “Non vi libererete facilmente di me” dice con la solita aria di guascone, non rendendosi conto che è diventato il più antipatico uomo politico vivente e, ogni volta che apre bocca, fa perdere migliaia di voti al partito. Nessuno dei “leaderini” e degli amici è capace di accompagnarlo alla porta, dicendogli:” Matteo stai sereno, ritorna fra un paio d’anni; segui il consiglio di Manzoni: vai a risciacquare i tuoi panni nell’Arno o, meglio ancora, nel Rio Grande”. Martina si dimostra incapace di gestire questo delicato momento e di fare l’unica cosa da fare subito, fissando la data del Congresso il prima possibile perché senza congresso non ci può essere nessuna ripartenza possibile. Il Pd non ha bisogno di chi va ancora alle feste dell’Unità ma di riportarci coloro che non ci vanno più, e sono molti! E questo non lo potrà fare Renzi. Come fanno a non capire i vari capi e capetti che la sua parabola politica si è interrotta e il personaggio manca di un minimo spirito autocritico e non lo capirà mai da solo! Il PD, invece, ha bisogno di un vero leader e di un rinnovamento totale dei suoi vertici come riconosce l’onesto Minniti. Zingaretti, che finora si accredita alla segreteria, appare troppo timido e morbido e si preoccupa più di tessere accordi ed alleanze con le correnti interne, invece di parlare alto e forte e rivolgersi al Paese, alla classe degli intellettuali, ai cattolici di buona volontà, al terzo settore, al ceto medio bistrattato, alle periferie, agli operai, cioè al sua elettorato tradizionale, non avendo paura di fare grande autocritica e di trattare argomenti sensibili come l’immigrazione, dove Renzi ha fatto immensi errori. Ma non alla De Luca che ora si ricorda che molti territori della Campania sono in mano alla malavita nigeriana, che spaccia droga e prostituzione, dimenticandosi di dire che da sempre quei territori sono stati in mano alla criminalità organizzata collusa con la politica lasciando sul campo milioni di tonnellate di monnezza, che stanno, in gran parte ancora lì, e continuano a seminare morte e disastro ambientale. Bisognerebbe essere più umili, non ergersi a maestri e fare seria autocritica partendo da sé stessi, altrimenti il partito è destinato all’estinzione. Un sussulto d i orgoglio e di coraggio, diamine!

di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud

Exit mobile version