La protesta, giusta e sacrosanta, si modulava su alcune considerazioni che denunciavano l’arretratezza meridionale. Dal clientelismo difficile da cancellare, all’assistenzialismo come costume di vita, fino al trasformismo. Tutti i mali che la ventata di novità del M5S avrebbe dovuto affrontare e risolvere. Questo nelle intenzioni dichiarate a destra e a manca, che hanno visto protagonista lo stesso presidente della Camera il neo eletto Roberto Fico. E’ proprio così?
Stando ai contenuti del cosiddetto “contratto” tra Di Maio e Salvini, per la formazione del nuovo governo, risulta che proprio il Mezzogiorno è tra i temi maggiormente disattesi. Tanto che l’ancora ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, l’altro giorno ha affermato, con parole severe: «Ora lo sappiamo: non di errore si trattava ma di consapevole inchino al leghismo. Il punto 25 del “contratto” teorizza il disinteresse per il Sud: potevano almeno risparmiarci questa presa in giro».
Non v’è dubbio che si tratta di una partenza sbagliata che prevede, tra l’altro, anche la bocciatura di un ministero per il sud, da più parti proposto. E’ evidente che l’attenzione per il Sud di Matteo Salvini, durante la recente campagna elettorale era solo un suonar per pifferi. E che, invece, resiste quella radice antimeridionalista su cui proprio la Lega ha avuto origine. Per la Lega, infatti, non c’è una questione meridionale, ma una questione nord che è il vero veicolo dello sviluppo. Ieri come oggi.
di Gianni Festa edito dal Quotidiano del Sud