Corriere dell'Irpinia

Il sogno del Pci in Alta Irpinia, quando la politica accendeva speranze. Di Iorio: allora si confrontavano progetti e idee

“Non abbiamo vissuto invano”. Lo sottolinea con forza Lucio Fierro nel corso del confronto dedicato al volume di Peppino Di Iorio “I comunisti dell’Alta Irpinia al tempo di Berlinguer”, Infiniti Mondi, presentato questo pomeriggio al Circolo della stampa “Questo libro – prosegue Fierro – è la storia di una generazione. Sono stati anni di speranza, o forse di illusioni, certamente di partecipazione straordinaria. Nessuna nostalgia ma la consapevolezza che avevamo visto lontano. E’ stato, poi, il sisma dell’80 a distruggere il sogno, accelerando fenomeni che erano già in itinere, frantumando comunità, risucchiando tutti, Pc e Dci nel vortice dei particolarismi. La stessa Dc ha finito per diventare nient’altro che l’erogatrice dei fondi, incapace di governare i processi. Ma possiamo rivendicare con orgoglio di aver fatto la nostra parte nel guidare i cambiamenti”. Sottolinea come uno dei meriti del volume di Di Iorio sia quello di restituire  dignità a nomi di grandi protagonisti di battaglie della storia del Pci, uomini e donne che hanno dedicato la loro vita al sogno di una società migliore. “Il dato di fatto – conclude Fierro – è che le realtà dei territori sono cresciute quando si sono mosse nella scia dei valori del Pci, a partire dalla promozione della cultura”. Il sindaco di Sant’Angelo Rosanna Repole chiarisce come “La mia formazione sia legata al cattolicesimo democratico ma, durante l’esperienza di sindaco negli anni del doposisma, mi sono confrontata spesso con esponenti del Pci. Allora la politica era dialettica, si ragionava su punti chiave. Decisive sono state anche le esperienze di gemellaggi con comuni come Livorno e Pesaro che erano governati da amministrazioni di sinistra. Certamente, esisteva in quegli anni un grosso fermento culturale in Alta Irpinia, che andava al di là degli schemi della Dc, basti pensare all’esperienza del Dialogo. Poi dopo il terremoto la capacità di lavorare insieme ha lasciato il posto alla contrapposizione”.

Emanuela Sica spiega come il volume nasca dalla volontà di “Colmare la carenza storiografica esistente sul Pci meridionale e le battaglie condotte dall’alta Irpinia, con l’obiettivo di descrivere con passione e rigore un momento storico importante perchè possa servire come riferimento per le future generazioni, a partire dai valori incarnati di Berlinguer”

E’quindi Ermanno Simeone a ripercorrere le battaglie del Pci, ricordando le prime rivolte dei braccianti duramente represse ma anche il sostegno forte al cambiamento arrivato dal movimento studentesco e dai circoli culturali “nelle sezioni del Pci si faceva scuola, si formavano i lavoratori, esistevano biblioteche, si parlava di tutto. Esisteva una propaganda ideologica ma era finalizzata alla prospettiva di un miglioramento della società. Fino alla sfida voluta da Berlinguer per passare dalla propaganda al progetto. Dal tentativo di una riforma dal basso al contributo offerto allo sviluppo dalle autonomie locali fino alle battaglie del movimento operaio per l’industria nel Sud”. Gianfranco Nappi, editore, pone l’accento sul ruolo decisivo della memoria “L’errore è stato quello di aver lasciato questi territori senza presidio, di qui la necessità di partire dalla memoria per guardare al futuro”

Luigi Anzalone parla di un libro bello e importante “Se la storia dei gruppi dirigenti e del movimento operaio al nord è frammentaria, al Sud presenta non poche lacune. Ma soprattutto questo volume esprime nella concretezza dell’impegno di un gruppo dirigente il sogno di Berlinguer, realizzare il socialismo nella libertà per un futuro migliore”. Per ricordare come la storia del sinistra “è sentimento, passione, richiamo ai principi. Una storia, quella dell’Alta Irpinia, segnata da ingiustizie antiche e dal radicamento degli evangelici, sui si innescava l’azione dei comunisti”. E ricorda come Berlinguer incarnasse il futuro nel passato “La sua lezione è ancora in cammino, una lezione espressa dall’autenticità desanctisiana, dall’idea che la legge morale è in noi. Una questione morale, ormai dimenticata, come testimonia lo spettacolo che consegna oggi la politica, poichè il mezzo è determinante per il fine”. E ricorda come una “cattiva prassi politica ha portato l’eclissi al sogno di Lenin”

E’, infine, Di Iorio a ricordare come il volume nasca dalla volontà di rimettere in ordine quaderni, relazioni e documenti “negli anni in cui ero responsabile di zona del Pci in Alta Irpinia. Di qui l’idea di ripercorrere questa storia, sintomatica di un’area territoriale in cui il Pci resisteva, malgrado lo strapotere della Dc. Basti pensare che a Bisaccia, Lacedonia, Andretta e S. Andrea di Conza nasceranno le prime amministrazioni comuniste. Non è un caso che nel 1976 il Pci raggiunga il 27%, eleggendo un senatore, Michele Iannarone. Erano anni in cui si confrontavano idee e progetti, non c’era mai uno svilimento come quello a cui assistiamo oggi”. E spiega come “In Alta Irpinia si vive di politica, il fascismo aveva inviato in quelle aree confinati che avevano cominciato ad educare le masse. Oggi di quell’esperienza resta poco, se si tolgono le idealità, la politica si attorciglia su sé stessa. Il Pci italiano era un animale particolare, affondava le radici nel corpo della società ma aveva la testa all’orizzonte”. Si sofferma sul rapporto con Berlinguer “Arrivò dopo il sisma a Materdomini, portato dai compagni di Salerno, in serata ci fermammo a mangiare, chiese un brodino e una treccia, nessuno di noi osò chiedere altro. Il secondo ricordo è legato ai comitati popolari, eravamo ospiti a Roma della trasmissione di Cronache, ci aspettò a Botteghe Oscure e volle sapere del Pci, dell’esperienza dei comitati popolari. L’attenzione ai territori si conciliava con l’idea di un progetto generale nel quale il territorio si potesse inserire”. E sul contributo offerto dal Pci miglioramento delle condizioni di vita “L’unico luogo di aggregazione era il bar prima che arrivasse la sezione del partito. Mi chiedo cosa sarebbero state quelle terre se non ci fosse stato il Pci, non possiamo dimenticare che i borghi altirpini sono attraversati da anni dal fenomeno dello spopolamento”

 

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