Siamo dentro una fase difficile della nostra storia, aggravata dall’assenza di certezze. A tutto questo rispondiamo con comportamenti spesso schizofrenici e con l’illusione che tutto passerà e la normalità tornerà a breve. Scappiamo dalla realtà senza guardare indietro, affidandoci a quella locuzione latina di Orazio del “carpe diem” che non lascia segni e tracce. In questo teatro surreale tutto sembra ridimensionarsi: la povertà che aumenta, la politica che non esiste più, la corruzione che, nonostante Tangentopoli e i moniti di Enrico Berlinguer, continua il suo percorso appena appena disturbato da rivelazioni di impegno giudiziario e tanti altri aspetti negativi della vita a cui, purtroppo, ci si abitua senza sconvolgersi più di tanto. La benzina aumenta, mentre il traffico non diminuisce; il cibo sta raggiungendo cifre mai viste, ma i ristoranti sono pieni zeppi; andare a mare sembrerebbe proibitivo per i costi raggiunti per sedie a sdraio e ombrelloni e tuttavia sulle spiagge non c’è un solo centimetro libero per potersi rilassare. E la crisi di cui si parla? E’ solo un’invenzione degli economisti preoccupati che essa esploderà subito dopo l’estate? O dei filosofi e dei sociologi che giustificano, confondendo gli aspetti, con il desiderio di evadere dai missili che cadono in Ucraina facendo vittime innocenti e dalla pandemia Covid che risale pur non facendo vittime come era accaduto all’inizio? Dovendo tentare una risposta si potrebbe dire che dramma e desiderio di evadere sono le facce di una stessa medaglia. Ciò che manca è l’insegnamento che ci viene dalle formiche: costruire il futuro con il sacrificio del presente. Non sarà possibile fare questo fino a quando le agenzie sociali (chiesa, famiglie, scuola, politica e sindacati) non capiranno che il fine della vita è solo il bene comune.
di Gianni Festa