Corriere dell'Irpinia

Il Volo dell’angelo emoziona, fede e tradizione a Gesualdo

Conserva intatta la sua forza il Volo dell’Angelo, simbolica rappresentazione della discesa sulla terra dell’angelo, omaggio a San Vincenzo Ferreri, salutata anche quest’anno da un bagno di folla. Il rito si è ripetuto ancora una volta in tutta la sua solennità con il bambino vestito da Angelo legato a una fune d’acciaio tesa fra la torre del Castello di Gesualdo e il campanile della Chiesa del SS.Rosario. Il diavolo, nel trambusto di spari e urla disumane, sbuca da sottoterra (un palco montato fra la folla) sbeffeggia il popolo, facendo vanto della sua potenza sugli uomini, per poi rivolgersi sarcastico al suo nemico. Una lotta simbolica tra bene e male che vede sempre sconfitto il diavolo, grande protagonista della rappresentazione. Quest’anno ad assistere al rito anche i viaggiatori dell’Irpinia Express, il treno che corre sui binari dell’Avellino Rocchetta

E’ la studiosa Giuseppina Finno a consegnare un’interessante testimonianza sul rito, ricordando come “Nel sud Italia, in Campania ed in Molise, in particolare nei territori che hanno origini longobarde, sono numerose le rappresentazioni sacre che vedono il coinvolgimento della figura dell’Angelo, impersonato da un bambino o una bambina, a seconda dei luoghi, legato ad una fune d’acciaio che scorre su carrucole e che incontra talvolta figure diaboliche, a simboleggiare lo scontro tra il bene ed il male.
Il culto dell’Arcangelo Michele, è originato a seguito della conversione dei Longobardi al Cristianesimo, cui sono attribuiti le caratteristiche del dio pagano Odino, patrono non solo di questo popolo, ma anche di sovrani bizantini e carolingi. L’angelo guerriero a capo delle schiere celesti, al pari di Odino mentre brandisce la spada e imbraccia lo scudo, ed è per questo che viene chiamato patrono dei guerrieri e degli eroi; infine, come il dio germanico, San Michele appare per accompagnare le anime degli uomini valorosi nell’aldilà. Dunque, il patrono di un popolo di guerrieri non poteva che essere l’Arcangelo Michele, potente e temuto capo degli eserciti divini, che con la sua spada infuocata guida alla vittoria i popoli contro le tenebre. L’angelo esalta le virtù della fede nell’elogio al Santo o alla Vergine ed esorta il popolo a combattere le insidie del male ed a rendere omaggio per le messi abbondanti. Il significato antropologico della festa si materializza nella simbologia della figura del bambino-angelo, che vola al di sopra della gente, coraggiosamente intraprendente nonostante la tenera età. La lotta si placa mentre l’angelo trionfante riprende il suo volo fino al campanile, acclamato dalla folla.
Il 1822 è la data cui possiamo far risalire la prima manifestazione in onore del Santo Taumaturgico, San Vincenzo Ferreri a Gesualdo. Il giorno ed il mese non erano fissi, perché tutto allora dipendeva dal lavoro dei campi. L’agricoltura, infatti, risultava l’attività condizionante del paese, tant’è che la stessa Confraternita del SS.mo Rosario si scioglieva da giugno a settembre, “ricorrendo mesi di fatiche e di raccolti”, per cui la Chiesa restava abbandonata per l’impossibilità di essere frequentata. La data di nascita, perciò, della manifestazione più famosa di Gesualdo, per il momento, è destinata a conoscersi solo in modo approssimativo, potendola far ricadere tra il 1833, anno in cui si costituì il primo contratto-festa, e il 1876, anno in cui si spezzò la fune su cui era legato l’angelo. Per la festa di San Vincenzo, invece, è possibile indicare con precisione la data di nascita. Infatti, è giunto fino a noi un manifesto del 1922, anno in cui, nei giorni 24, 25, 26 e 27 agosto, si celebrò il centenario di questa festa. La rappresentazione vede un bambino vestito da Angelo legato a una fune d’acciaio tesa fra la torre del Castello di Gesualdo e il campanile della Chiesa del SS. Rosario. Sospinto lungo la fune con l’ausilio di carrucole, l’angelo inizia il “volo” fino al centro della sottostante Piazza dove da un palco emerge un uomo vestito da Diavolo. L’angelo e il diavolo ingaggiano una cruenta disputa dialettica ricca di colpi di scena. Conclusa la recita l’angelo completa il suo volo giungendo al campanile.
Le scene e i dialoghi della rappresentazione evocano l’eterno scontro tra il bene ed il male nella contrapposizione della fede avverso il vizio e le tentazioni della vita terrena. Il testo della “Recita” richiama per ampi aspetti il poema epico “Il Paradiso Perduto” di John Milton del 1667, pertanto, vista l’assoluta mancanza di altri riferimenti storici sull’origine di questo rito, potrebbe essere anche lecito supporre che la “recita dell’Angelo e del Diavolo” fosse inizialmente una rappresentazione teatrale poi diventata spettacolo per il popolo, quindi rito religioso nelle celebrazioni in onore del Santo. In serata, al termine della processione, l’angelo ripercorre il tragitto al contrario nel simbolico Ritorno al Cielo. Lo spettacolare Volo dell’Angelo, invece, è la simbolica rappresentazione della discesa sulla terra dell’angelo che viene ad omaggiare San Vincenzo Ferreri e il popolo dei suoi fedeli festanti. In serata, dopo aver accompagnato il santo nella processione lungo le strade del paese, l’Angelo nel calar della notte ripercorre a ritroso il tragitto della mattinata impartendo la sua benedizione ai fedeli, che entusiasti e commossi accompagnano tra gli applausi il suo ritorno al cielo”
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