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In 20 anni il Mezzogiorno ha perso 1 milione di abitanti. L’associazione South Working prova a invertire la tendenza

I passeggeri in partenza ed in arrivo per i 'ponti' di primavera all'aeroporto di Roma Leonardo Da Vinci a Fiumicino, 25 aprile 2024. ANSA/TELENEWS

Il Mezzogiorno progressivamente si prosciuga delle sue migliori intelligenze e professionalità. Lo spopolamento rischia di svuotare il Sud e le statistiche, fino a oggi, restituiscono un quadro molto pesante: in vent’anni le regioni del Meridione hanno perso oltre un milione di abitanti, di cui 380mila laureati.

Secondo i dati forniti da Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, dalla popolazione residente nel 2022 si evince che: il Centro-Nord ha perso 226.122 abitanti, di cui 66.859 per migrazione interna e 171.601 per migrazione estera, mentre il Mezzogiorno registra 52.236 abitanti per migrazione estera con un saldo naturale di -95.622. In definitiva, in Italia il saldo naturale si attesta a -321.744, di cui 223.927 per migrazione estera.

Tutta l’Italia è terra d’emigrazione, conferma Luca Bianchi, direttore generale della Svimez, ma “le aree del Nord riescono a mantenere l’equilibrio grazie all’immigrazione dal Centro-Sud e dall’estero, mentre il Sud è poco attrattivo, anche per gli stranieri”. Ha poi continuato: “Non vanno via solo per mancanza di lavoro, o di lavoro qualificato: anche la carenza di servizi è una lega che attiva la fuga”.

Ma c’è chi si impegna per trovare una nuova soluzione, un nuovo approccio per invertire questa tendenza. L’associazione South Working – Lavorare dal Sud, nata nel marzo 2020 si è posta l’obiettivo di colmare il divario economico, sociale e territoriale tra Nord e Sud, tra aree industrializzate e marginalizzate del Paese, attraverso un processo di riattivazione dei territori tradizionalmente periferici. E lo fanno coinvolgendo più persone possibili attraverso un festival che quest’anno festeggia la seconda edizione a Campobello il 22 e 23 agosto.

L’obiettivo è studiare, in maniera seria e continuativa – spiega Gaetano Gati, uno degli organizzatori – le cause della fuga obbligata, trovando aree di intervento e politiche su misura che favoriscano la creazione di opportunità di lavoro per chi è rimasto, e anche per chi vuole tornare”.

Una sfida epocale, per cambiare il futuro del Sud, non cedendo alla rassegnazione di un destino già scritto.

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