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In terra di Lupi ad Avellino letteraria, Cogliano: aprirsi agli altri per superare la sofferenza

Si fa riflessione sul senso dell’esistenza, su una stagione della nostra storia in cui non esisteva distinzione tra spazio privato e politico il confronto sul libro di Annibale Cogliano “In terra di Lupi”, La Valle del Tempo edizioni, presentato ieri pomeriggio nell’ambito della rassegna “Avellino letteraria”, curata da Annamaria Picillo. E’ Picillo a porre l’accento sul valore di cui si carica la rassegna, autentico salotto letterario che è innanzitutto spazio di confronto e aggregazione. E’ il notaio Edgardo Pesiri, dal sempre al fianco della rassegna, a soffermarsi sulla decadenza che oggi viviamo sul piano culturale e sociale e sulla necessità di riscoprire il valore dell’appartenenza.

Alla giornalista Floriana Guerriero il compito di introdurre i temi di un romanzo che rivela un Cogliano inedito, che si presenta non nelle vesti di storico e filosofo ma in quelle di uomo che si interroga sul proprio percorso esistenziale, sulle proprie scelte private e politiche. Un itinerario che attraversa l’infanzia nel comune di Gesualdo, in un’Irpinia permeata dalla cultura contadina e il processo di formazione che si nutre degli stimoli provenienti dal mondo della scuola e poi dell’Università, dal cinema, dalla letteratura, dal confronto con la Chiesa locale ma anche dall’incontro con personaggi singolari come il Lucifero della rappresentazione del Volo dell’Angelo, il comunista Nicola Colella, che gli svela un modo diverso di guardare al reale, permettendogli di andare al di là dell’apparenza, smascherando potenti e falsi eroi. Un percorso he non può non partire dalla scoperta del potere della parola, strumento con il quale Annibale sfida l’autorità dei suoi insegnanti e di tutti gli uomini simbolo del potere che incontrerà nella sua strada. Un itinerario che approda all’Azione Cattolica per arrivare al Pci e al Partito di Unità proletaria per il comunismo ma che non sceglierà mai la strada della lotta armata.

E’ lo stesso Cogliano a ripercorrere i nodi cruciali della propria esistenza dal rapporto con le due madri, quella biologica, Caterina, costretta ad abbandonarlo per dargli un futuro, lasciandolo nella casa del padre, sposato a un’altra donna, quella che diventerà la sua madre adottiva. Un’assenza che sarà presenza costante nel libro, poichè l’autore farà fatica a fare i conti con quell’abbandono fino a quando non la ritroverà, ormai anziana, insieme al marito e capirà che ha finalmente trovato la serenità. Fino al rapporto con il padre “Era un uomo violento che ha vissuto un’intera vita di sofferenza e subordinazione. Ecco perchè il suo comandamento per me è stato quello di studiare, sognava per me una vita diversa, che non mi vedesse sottostare agli ordini di nessuno. Era pronto ad accettare anche che non rispettassi convenzioni sociali, purchè studiassi, come accadde quando accolse me e Paola, la studentessa con cui ero fidanzata, quando lei arrivò a Gesualdo a chiedere ospitalità. Il suo amore mi ha dato coraggio e determinazione”

Cogliano chiarisce come l’autobiografia si presti a un lettura antropologica “Quella che racconto è l’Irpinia al tramonto delle civiltà contadina, investita dai primi effetti della modernizzazione e insieme dai fermenti del ’68”. Ma è anche la storia, chiarisce Cogliano, di una militanza politica “Alla base della mia militanza c’è la cultura gramsciana a cui si è affiancato lo studio delle scienze sociali, della storia e filosofia. Ho incontrato docenti che mi hanno insegnato che non si può vivere senza il dubbio”. E spiega come “Il dolore produce conoscenza se ci apriamo alla socialità, agli altri, alla sofferenza”

E’ quindi la scrittrice e docente Claudia Iandolo a porre l’accento sull’eresia che contraddistingue tutta l’esistenza di Cogliano, “Sarà per tutta la vita il fuochista, il sovversivo ma la parola eretico si carica anche di un valore alto, l’eresia richiama la capacità di scelta, di colui che dice una verità altra, che si allontana dal conformismo dilagante, che è poi la caratteristica che lo contraddistingue ancora oggi”. Ricorda come nel suo racconto del mondo contadino “Non c’è nostalgia, c’è la rappresentazione di un mondo con le sue durezze e le sue ritualità, che richiama il Verga della roba, in cui non contano i sentimenti o comunque non bisogna mostrarli ma anche un immaginario come quello di “Brutti, sporchi e cattivi”. E’ anche un mondo in cui la Chiesa che si apre alle istanze del Concilio svolge un ruolo cruciale di formazione delle nuove generazioni”. Tanti gli interventi, iintervallati dai momenti musicali di Massimo Lobresca, dal contributo della professoressa Milena Montanile che pone l’accento sulla capacità di Cogliano di dare vita a una nuovo genere, in cui l’autobiografia si affianca alla ricostruzione storica a quella del senatore Enzo De Luca che richiama tutti a fare la propria parte per costruire una società in cui non ci sia posto per l’indifferenza. Ad impreziosire l’incontro l’arte di Simona Maietta che si fa sguardo sul paesaggio

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