Corriere dell'Irpinia

Insulti via social a un candidato della coalizione di Gengaro, c’è la denuncia. All’indagato sequestrate in casa armi e munizioni

AVELLINO – Ci sono i magistrati della procura di Avellino al lavoro su una serie di diffamazioni e ripetuti insulti pubblicati sui social network contro un candidato delle appena concluse elezioni amministrative di Avellino, l’avvocato Francesco Maria Micciché. Era candidato nella coalizione del campolargo di centrosinistra che sosteneva Antonio Gengaro e già dall’inizio della campagna elettorale erano iniziati a comparire nelle chat e nei post social dure e pesanti accuse nei suoi confronti, da parte di una persona di Volturara la cui posizione è ora al vaglio di giudici e magistrati.

E’ lo stesso avvocato Micciché a rendere pubblica questa sua disavventura ‘social’: “Per mesi questa persona ha continuato a infangare il mio nome con insulti e ingiurie prive di ogni fondamento. Ho preferito aspettare che si concludessero le elezioni e lo scrutinio, per evitare di esasperare la situazione e lasciare che gli elettori potessero recarsi alle urne senza alcun tipo di condizionamento. Ora che i giochi politici sono terminati voglio però mettere fine a questa storia”. E anche sui social l’avvocato ha poi avvisato gli amici e quanti fino ad oggi gli avevano già mostrato solidarietà di non dare più spazio al protagonista di queste aggressioni verbali: “Perché – spiega – ora se ne occupa la magistratura e sono sicuro che sarà fatta giustizia. E poi mi sono anche stancato di rispondere a questo fango, non ne voglio più sentire parlare”.

Ecco come Micciché ha comunicato questa sua decisione agli amici: “Vi scrivo oggi, 29 giugno 2024, giorno dei Ss. Pietro e Paolo Apostoli, compatroni della città di Roma e di Cetara. Sono giorni ormai che ricevo telefonate e messaggi di solidarietà rispetto al comportamento pubblico purtroppo tenuto da un Tizio (ormai già noto all’autorità giudiziaria ed alle forze dell’ordine) che con cadenza pressoché quotidiana, digitando frasi, postando definizioni, commentando impropriamente post dei suoi (pochi) amici rimastigli, parlando senza senso per strada, offende e diffama la mia persona. Lo fa pronunciando frasi irripetibili condite da locuzioni volgari, tutte allusivamente riferite alla mia persona, alla mia attività politica ed alla mia vita privata, che da settimane i media hanno reso pubblica (qui il riferimento è alla candidatura nelle liste di Gengaro, ndr.). Il mio silenzio (che valga loro come risposta) è servito fino a questo momento al solo scopo di voler tutelare la nostra serenità che costoro da tempo tentano di minare, senza mai riuscirci grazie a Dio. L’ingiuria, la diffamazione le minacce, la calunnia e lo stalking, sono tutti reati di per sé punibili singolarmente anche in modo grave , ma più di ogni cosa, essi qualificano perfettamente chi li pone in essere. Lo so, e per questo vi ringrazio tutti ed è al sol fine di non coinvolgervi più nella ressa giudiziaria (unico modo che ho per provare l’esatto indirizzo delle sue affermazioni nei miei e nei nostri confronti, dato che il suo profilo social non è a me visibile, ma , al contrario, il mio è pubblico, tranne che per alcuni post da me preventivamente bloccati; perciò vi chiedo di non informarmi più. In un passato recente alcuni miei e suoi amici sono stati è importunati per gli stessi fatti, ed ora, la loro comprensibile reticenza difensiva personale (smentita in fatto da prove documentali) servirà per chiedere all’Autorità giudiziaria procedente un giusto processo a carico di costui; unica sede quella di deputata alla difesa del propri Diritti. Posso solo aggiungervi che però, che per ovvie ragioni facilmente comprensibili, nei mesi scorsi l’autorità di polizia ha provveduto al sequestro preventivo (a loro carico) di tutto l’arsenale di cui erano in possesso, (suo e della sua consorte): armi a canna lunga, pistole, munizioni e strumenti (anche la fionda) tutti atti ad offendere anche se regolarmente denunciati e detenuti; ciò, per la sua, la mia e la nostra pubblica e privata incolumità; mia e della mia famiglia. Per tali ragioni quindi vi prego, non scrivete più (anche se in mia difesa) alcun post in sua risposta, se realmente volete difendermi; so farlo da solo e vivo di difese. Avvelenare i pozzi non serve a nessuno; la parola è d’argento, ma il silenzio a volte è d’oro; il chiacchiericcio può solo danneggiarmi. Chiamatemi quando volete ma, vi prego, non iniziate il vostro discorso con la fatidica frase: ‘Hai visto quello cosa ha scritto di te?… Cosa ha detto su di te… E la moglie poi? Ma tu come fai? Voi tutti come fate a sopportare?’. Già è molto il tempo speso per occuparsi di loro (tutti) e di lui in particolare, i cui ‘Rustica progenia semper villana fuit’. La mia famiglia, condivisa, annovera fra gli altri, giuristi sin dall’inizio della prima metà dell’800, fra cui amici si annoveravano Benedetto Croce fino ad arrivare al maestro Carducci. Teodoro Ercolini fu uno dei primi magistrati italiani ad utilizzare il termine ‘camorra’ in una sua storica sentenza di condanna inflitta all’esito di una disputa omicidiaria avutasi nel comune di Trecase (apparentemente dovuta a motivi passionali, ma nella verità processuale avutasi per un regolamento di conti) che custodisco in copia gelosamente tra le sue amate carte, sin da quando Egli già dal 1906 presiedeva la Terza sezione penale della Reale Corte Criminale a Castelcapuano. Se Dio vorrà, devolverò tutto il ricavato del risarcimento agli orfanelli di Pompei e ai figli orfani degli avvocati. L’Eterno Padre non è mercante che paga il sabato. Amici e amiche, solo per questo vi chiedo la massima comprensione e una silente solidarietà. Non commentate, non condividete , non ponete alcun ‘like’; desidererei che questa pagina rimanesse, in fondo, bianca come la mia coscienza; conservatela solo un attimo nella vostra memoria e nel vostro cuore. Viva la libertà”. Firmato: “Lucca – Avellino – Volturara Irpina Francesco Maria Micciché fu Giuseppe – Avvocato”.

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