Corriere dell'Irpinia

John Ciardi, auguri senza tempo

(Original Caption) John Ciardi, the translator of the new poetic version of The Inferno published by Rutgers University Press in a hardcover edition on June 15th. The work was released as a paperbound Mentor book by the New American Library. Of this translation Archibald MacLeish has said, "...a text with the [?] and sobriety of a first-rate prose translation while at [?] in powerful and unmistakable ways the run and rhyme of a spectacular achievement."

di Virgilio Iandiorio

Ho pensato di fare gli auguri di compleanno e di onomastico al poeta John Ciardi, che domani 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, avrebbe compiuto 108 anni. Morì trentasei anni fa a Edison nel New Jersey, all’età di settant’anni. “Il lavoro di John Ciardi primeggia tra i contributi degli scrittori americani di origini italiane. John Ciardi, in qualità di poeta e critico, ha aggiunto una nuova dimensione all’italianità in America nel 1965 dando al mondo una nuova traduzione di Dante, che ha superato il milione di copie in edizione economica… Il lavoro di Ciardi piuttosto che focalizzarsi sul proprio retroterra italiano, raggiunge e porta la coscienza americana verso l’Italia”. (F. Gardaphé,1996)

Nel 1954 John Ciardi fu chiamato a tenere la prolusione per l’inizio dell’anno accademico nella Rutgers University.  Aveva allora 38 anni ed  era associate professor of English.  Il discorso, rivolto agli studenti di quel college, aveva questo titolo: “Un nuovo anno scolastico: perché?”

Tutto il discorso di Ciardi è come un dialogo con lo studente , quello che non crede nella scuola. ““Negli ultimi 50 anni,  nei college sono stati accresciuti  nuovi corsi ad un ritmo incredibile. .. Questo aumento di specializzazione è, ovviamente, implicito nella natura della tecnologia  del ventesimo secolo. Gran parte di essa è assolutamente necessaria per il ritmo della vita moderna. Tuttavia, abbiamo avuto molte occasioni per  rimanere perplessi   leggendo i nuovi sviluppi in materia di istruzione.” Per  Ciardi il numero enorme di materie non è sinonimo di buona scuola. Perché il problema di fare buona scuola è ben diverso.

Come spesso accade ad inizio anno scolastico, (ma spesso anche a fine anno) ai voti augurali, si accompagnano tante proposte di rinnovamento, che  il più delle volte  sono  ingegnosi accorgimenti tattici, strategie scarsamente efficaci.  E come nel calcio, ogni tifoso ha la sua proposta per far vincere la propria squadra, così per la scuola ognuno, nel suo piccolo, crede di indicare le azioni più incisive per migliorarla.

Enrico Reggiani in un suo articolo dice che Ciardi è stato  “instancabile promotore di una poesia accessibile a tutti” e riporta questa sua poesia ”un anziano signore con la voce intatta / di un fanciullo soprano che risponde trillando/ con l’unica parola Passion! alla domanda di un giornalista/ che gli chiede quale sia la cosa più importante nell’arte”.

“E c’è poi la poesia accessibile a tutti?”, si chiedeva Benedetto Croce  (La Critica, 1,1903). Se accessibile è sinonimo di chiaro, ben venga la poesia, senza pretese.   “La grandezza della poesia -dice Ciardi– non è determinata dalla dimensione del suo argomento trattato. E’ determinata dalla dimensione della mente che sta cercando di racchiuderlo. Il valore di una scienza non è deciso dalla dimensione dell’oggetto che studia. In caso contrario, i microbiologi sarebbero persone insignificanti e solo i geologi dovrebbero davvero contare. Hanno a che fare con le montagne e interi continenti”. Eppure in noi permane la convinzione che è sufficiente trattare l’argomento più in voga per illudersi di scrivere una buona poesia.

 

 

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