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La carità operosa di don Ferdinando

 

Venerdì della scorsa settimana ho vissuto la singolare esperienza di partecipare ad una insolita commemorazione di un personaggio molto caro agli avellinesi e a quanti hanno ricevuto il dono di averlo conosciuto: don Ferdinando Renzulli. Durante il suo straordinario apostolato avevo percepito, con grande ammirazione, i suoi carismi umani e pastorali, ma non conoscevo appieno la poliedricità della sua missione sacerdotale, prevalentemente spesa nell’humus quotidiano e popolare degli ultimi. Dei senza voci, delle famiglie numerose in affanno perché non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. Commemorazione insolita ho detto, perché le testimonianze offerte si sono rivelate dei semplici, ma straordinari, racconti di episodi di «carità operosa» dove, la retorica rituale a cui siamo stati abituati in tali circostanze ha ceduto il passo alla semplice essenzialità dei fatti raccontati. In tal modo anche i tanti scolaretti presenti hanno percepito il vero profilo pastorale di don Ferdinando: uomo tra gli uomini, povero tra i poveri, sacerdote impegnato sui tracciati del vangelo, con e tra il popolo di Dio in cammino, sotto il peso degli affanni di un percorso esistenziale sempre più in salita. Vorrei esplicitare meglio il postulato pedagogico della «carità operosa» perché, non casualmente, Don Ferdinando organizzò nella sua parrocchia di Cesinali, un oratorio aperto a tutti e a tutte le ore, anche a chi non amava entrare in Chiesa per partecipare ai tanti momenti liturgici dei cristiani praticanti. L’apertura degli orizzonti del Vangelo era semplice ed immediatamente percepibile attraverso il calore umano di un sacerdote che, prima di essere o rivelarsi tale, era e si rivelava come uomo umile tra la gente umile. Figlio di ferroviere del Borgo Ferrovia, componente di una famiglia numerosa con mille prblemi, Don Ferdinando maturò la sua vocazione nell’autentica e difficile quotidianità di queste sue origini. a sua vocazione visse così intensamente questa morfogenesi spirituale da rivelarsi, nel corso del suo fecondo apostolato, il tratto saliente del suo profilo umano e sacerdotale. La «carità operosa» di salesiana memoria, proprio per la peculiare incubazione vocazionale, sarebbe stata necessariamente tale in quanto il sapore antico, ma sempre attuale, della carità che feconda la ricchezza della conversione e la preziosità della capacità progettuale è molto distante dell’inettitudine del bisogno inteso solo come mera ricerca dell’elemosina. Il volano di tutta la dinamica pastorale di Don Ferdinando si rivela profondamente attuale a fronte della incapacità globale – italiana, europea e mondiale – di affrontare alle radici è irreversibile flusso emigratorio: quello che Don Ferdinando affrontava e risolveva nella sua piccola parrocchia o nei limitati spazi operativi della sua Caritas diocesana, costituisce un prezioso paradigma della necessaria ed attuale strategia progettuale per i grandi problemi dell’emergenza globale. Il teorema sociopedagogico salesiano per la promozione umana, frattanto, è attuato in vari paesi del mondo, con dei significativi progetti di formazione professionale e di sviluppocomplessivo delle popolazioni indigene. Di Don Ferdinando, altresì, non va dimenticata la sua straordinaria testimonianza di comunicatore sociale: sono rimaste memorabili e coinvolgenti le sue riflessioni evangeliche trasmesse sui canali televisivi locali, riflessioni arricchite dal contributo di tanti laici cristiani impegnati nel tessuto associativo o nella società civile della diocesi di Avellino. Non casualmente, durante la significativa commemorazione è stata ricordata la sua modestissima auto, zeppa di giornali e delle numerose stampe locali e nazionali. La testimonianza di Mons. Melillo, vescovo di Ariano Irpino, dell’ing. Tango, sindaco di Cesinali, di Zagari, Frasca con altri operatori sociali sono stati lineari e coerenti con la vasta ed esemplare azione sociopastorale di don Ferdinando Renzulli.

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