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La ferita del “Laceno” senza il cinema Eliseo

Di Franco Festa

C’era una volta il “Laceno d’Oro”, di Camillo Marino e di Giacomo D’Onofrio. Non era solo la rassegna del cinema neorealista, il tentativo di difendere una forma di cinema che negli anni aveva lentamente perduto la sua forza primitiva, ma era anche una straordinaria occasione di coinvolgimento popolare, di ampissima partecipazione della città. Granitico, gigantesco, si ergeva su tutti e su tutto Camillo Marino, con il sostegno meraviglioso e acuto di Giacomo D’Onofrio, e con la difesa ad oltranza della loro autonomia culturale e decisionale, contro tutto e tutti. Camillo non accettava ricatti, imposizioni, diktat, da nessuno, men che mai dagli enti intermedi come il Comune o la Provincia, e per lunghi anni fece a meno di loro, con immensi sacrifici personali. Il Laceno su tutto, questa la parola d’ordine. E questo significava una sterminata fiducia nel sostegno delle persone normali, un radicamento tra i giovani, innanzitutto, e la capacità di stare dentro i fervori di quegli anni. Fu un progetto ambizioso e temerario, che ebbe anni di gloria e cadute, e un luogo magico, il cinema Eliseo, in cui serate appassionate di cinema e di politica tennero banco per anni e anni. Finché tutto lentamente fallì, nel silenzio e nell’indifferenza, e si arrivò alla chiusura nel 1988, senza che mai Marino e D’Onofrio venissero meno alle loro ostinazioni di autonomia e di libertà. Poi tutto ricominciò, nel 2001, con il “premio Camillo Marino”, e nel 2007 ripartì il nuovo “Laceno d’Oro”, grazie alla tenacia e all’amore per il cinema del circolo Immaginazione. E il festival ritornò, con la partecipazione anno per anno dei più importanti registi italiani e internazionali, narratori della realtà del nuovo secolo.

Con il passare del tempo il festival è diventata una macchina per il cinema sempre più complessa, che per svolgere bene la sua funzione ha bisogno del contributo pubblico. E, per una settimana all’anno, il “Laceno d’Oro” fa sentire la sua voce, con la consueta capacità di raccontare la verità, con un coinvolgimento crescente del mondo che intorno al cinema si muove, anche se con un’eco nazionale ancora limitata e con una partecipazione della città non sempre all’altezza. C’è però un nodo drammatico: la questione Eliseo. Camillo non avrebbe mai consentito che l’ex GIL affogasse nel nulla, come è ancora oggi, e che il cinema Eliseo potesse rimanere inutilizzato, privo del proiettore che ne consente il reale funzionamento, per colpa di un’amministrazione comunale che pure ha speso milioni di euro per fantomatiche manifestazioni culturali. Camillo avrebbe fatto sentire la propria voce, chiamato tutti a esprimere la propria indignazione, rifiutato ogni mediazione. E’ indispensabile che quel sentimento civile e quella passione sconfinata per la città, che fu di Camillo, ritorni a circolare con più forza, tra gli organizzatori e gli spettatori di oggi, perché il “Laceno” può essere davvero cinema della realtà, solo se, con la propria realtà, ha il coraggio di misurarsi. Non ci sarà pace fino a che l’ex GIL e l’Eliseo non riapriranno davvero e il festival di Camillo e di Giacomo non vi tornerà, con una gestione libera e autonoma della struttura e degli spazi che, per ora, di essi portano solo il nome.

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