Corriere dell'Irpinia

La lezione di Don Milani e il valore della giustizia

Senza giustizia, senza tensione verso la giustizia, non esiste cristianesimo autentico. Si potrebbe riassumere così la vita di Don Lorenzo Milani, che ha speso la sua esistenza per i ragazzi di quel luogo, divenuto ormai mitico, che è Barbiana, ma che rappresenta, forse, tutti i  luoghi, concreti o virtuali, di povertà, di solitudine, di emarginazione. E proprio un focus su don Milani è stata la trasmissione “Il Diario di Papa Francesco”, edita da “Tv 2000”, il  26 maggio scorso, per  ricordare i cento anni della nascita di don Lorenzo Milani, avvenuta il 27 maggio del 1923. Una figura straordinaria di sacerdote, osteggiato in vita anche dalla sua chiesa, per la sua parresia e la sua capacità di vedere, con estrema lucidità, situazioni ed uomini, senza infingimenti, senza schermi. Un sacerdote rivalutato solo post mortem, ma ancora  spesso imprigionato in luoghi comuni, in  stereotipi, che ne travisano il pensiero. Il Diario ha ricordato  il prete di Barbiana, ospitando don Mario Landi, un sacerdote di Firenze che lo ha conosciuto quando era ancora un giovane seminarista, e che ha scritto il libro “Tutto al suo conto. Don Lorenzo Milani con Dio con l’uomo”. In collegamento, Sergio Tanzarella, storico della Chiesa, docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, autore del testo “Il pentagramma di Lorenzo Milani”, nonché  dell’Opera Omnia del sacerdote, che racchiude tutti i preziosi scritti del prete di Barbiana. Singolare l’incontro di Landi con don Lorenzo, mentre si trovava in vacanza, nel Mugello. «Ma perché i seminaristi vanno anche in vacanza? – avrebbe esordito don Milani – noi, a Barbiana, facciamo lezione 365 giorni all’anno». Questo l’esordio schietto di don Milani, nell’approccio con il giovane seminarista. «Mi colpirono molto le parole di don Lorenzo tanto che, il giorno dopo, arrivammo in bicicletta a Barbiana – ha sottolineato Landi –  dove ci fermammo due giorni. L’incontro con questo sacerdote, ha cambiato radicalmente tutta la mia vita. Fu lui a dirmi:  “Non pensare più a te stesso, lascia tutto per Gesù e per i poveri”. Anzi, rifacendosi al Vangelo, usò proprio il termine “rinnegare”, come indica lo stesso Gesù. In queste parole profonde di don Lorenzo, era tracciata la storia di tutta la mia vita, era racchiusa la chiave di lettura della sua esistenza, ed anche della mia.»

Papa Francesco, in visita sulla tomba del sacerdote, ha esordito: «Vedo tra voi preti anziani, che hanno condiviso con don Milani, gli anni del seminario, ed anche preti più giovani, affascinati da questa figura. La dimensione sacerdotale di don Lorenzo è alla radice di tutto. Tutto nasce dal suo essere prete. La sua è una fede totalizzante, che diviene un donarsi tutto al Signore, che trova il suo perfetto compimento, proprio nella dimensione sacerdotale. Don Milani ci insegna anche a voler bene alla Chiesa, proprio come lui stesso le volle bene, con quella schiettezza e  quella verità, che possono provocare anche lacerazioni, ma mai abbandoni.  La Chiesa che ha amato don Milani è una chiesa materna e premurosa, che dà a tutti la possibilità di amare Dio e dare consistenza alla propria persona, in tutta la sua vita». Sergio Tanzarella è uno dei maggiori conoscitori della figura di questo sacerdote rivoluzionario, sempre alieno  dagli steccati ideologici e dalle ipocrisie borghesi, dotato di una personalità carismatica fuori dal comune. Tanzarella è un appassionato studioso della figura del prete di Barbiana, ha curato, con precisione certosina e attenzione severa, l’Opera Omnia degli scritti del sacerdote. «Non sono l’unico curatore di quest’opera  – ha ribadito  – poiché è un lavoro realizzato a quattro mani . Il testo si avvale del contributo di Anna Carfora, docente di Storia moderna, all’università teologica dell’Italia meridionale,  di Federico Ruozzi, della Fondazione per le Scienze Religiose “Giovanni XXIII” di Bologna, e di  Valentina Oldano, una giovane insegnante di Alassio, che aveva conseguito il dottorato di ricerca con una tesi su “Lettera a una professoressa”, diventando la massima esperta di questo libro. Purtroppo, Valentina è morta improvvisamente, proprio quando sarebbe cominciato per lei il tempo del riconoscimento del tanto lavoro compiuto. I due volumi, per un totale di 2946 pagine, contengono tutti gli scritti di Milani oggi disponibili. Nel primo, oltre agli scritti più noti, vi è una quantità di materiali dispersi in tante pubblicazioni, e che qui sono stati riuniti con un discreto apparato di note e delle post fazioni che ne spiegano origine e ne offrono la contestualizzazione. Sono state anche recuperate delle conversazioni registrate, trascrivendole  restando fedeli all’originale. Ne emerge un Milani lucidissimo, capace di analizzare i limiti e i pericoli della società del suo tempo, molto meglio dei politici, dei sociologi, dei giornalisti suoi contemporanei. Bisognerebbe leggere tutti gli scritti di don Milani, soprattutto le  sue lettere. Questo sacerdote, infatti, è un genio epistolare. Non sempre si è stati fedeli al pensiero milaniano, fraintendendolo o tradendolo. Tutte le sue epistole dovrebbero essere studiate, esaminate e lette con attenzione. Invece, purtroppo, ci si limita a citarne le tre o quattro più note, senza approfondire il suo pensiero, i suoi scritti, senza soffermarsi  sugli insegnamenti di questa personalità carismatica, straordinaria. Chi vuole davvero conoscerlo, entrare nella sua anima, deve, invece, leggere il suo epistolario integrale.» Come ha sottolineato lo stesso Papa Francesco: «La scuola, per don Milani, era il modo concreto per svolgere quella missione. Dare la parola ai poveri, questa era la sua priorità, perché senza parola, non c’è dignità.». Uno dei principali meriti del prete di Barbiana, infatti, è stato proprio quello di dare dignità a bambini e ragazzi, altrimenti destinati ad un avvenire ristretto, fatto di privazioni e di miserie, privo di opportunità. «Una delle principali caratteristiche di don Lorenzo – ha sottolineato Tanzarella – è di sicuro la sua parresia, la sua capacità di essere franco, schietto, talvolta fino alla brutalità, sempre inseguendo quel suo ideale di verità che rifugge anche dalle finzioni linguistiche.» Ma la scuola di Barbiana era anche una scuola divertente, dove il gusto dell’apprendere si coniugava con la leggerezza dello scherzo e dell’umorismo. Come ha sottolineato Landi: «Era una scuola che aiutava a passare da uno stato d’animo all’altro. Ho trovato la scuola di Barbiana molto divertente: i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno, lui riusciva a rendere  tutto piacevole, non era pesante. La domenica mattina, leggeva sempre il Vangelo, ma anche il vangelo stesso era esaminato sotto il profilo culturale. I suoi metodi erano nuovi. Si portava dietro tutto il bagaglio culturale della famiglia. Don Milani riusciva ad andare a fondo delle questioni, ad incarnarsi nelle situazioni, per esaminarle e per conoscerle meglio.». In questa scuola sui generis, c’era anche spazio per la musica, come ha posto in rilievo Tanzarella  nel libro “Il pentagramma di Don Milani”: «Questo sacerdote ha permesso anche ai semianalfabeti di seguire la musica, privilegio che era appannaggio solo delle classi più agiate, rivoluzionando, anche in questo, gli schemi sociali, ed offrendo anche questa possibilità ai suoi ragazzi. Aveva una dimensione sacra del tempo, infatti diceva che il tempo non va sprecato, è prezioso. Milani disse più volte di essere un semplice maestro, anzi un semplice prete che, per una serie di circostanze, si era dovuto occupare di fare il maestro in una Italia dove, nonostante la Costituzione, la maggioranza ignorava la lingua italiana e possedeva al massimo 200- 300 parole. Sufficienti per leggere a stento la Gazzetta dello sport, ma certo inadeguate per essere realmente cittadini, e dunque anche impediti a diventare cristiani perché come lui stesso diceva:  “da bestie a santi non si può diventare”. Chi dimentica – o non sa – tutto questo, tradirà Milani, anche quando pretende di celebrarlo. La sua è infatti una eredità aperta, che non chiede tanto adesioni, ma scelte dirimenti. Le parole – poco note – pronunciate a una lezione fatta ad un gruppo di ragazze della scuola media di Borgo San Lorenzo,  mi sembrano un programma ancora attuale: “La vita è un bel dono? La vita è fatta di tante ore, di tanto tempo no? Buttarlo via, il tempo è un peccato. Se la vita è un bel dono di Dio, non va buttata via, se un’azione è inutile è buttar via un dono di Dio, è un peccato gravissimo. Io lo chiamo “bestemmia del tempo”, ed è una cosa orribile bestemmiare il tempo, perché il tempo è poco, quando è passato non torna”.»

Vera Mocella

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