Corriere dell'Irpinia

La nuova sfida del Mavi di Lacedonia, Di Conza: pronti a diventare riferimento di tutta l’Alta Irpinia

“L’obiettivo è quello di fare del Mavi un centro vivo dove si produce cultura”. Lo sottolinea il sindaco Antonio Di Conza “Vogliamo che diventi un riferimento per tutta la Città dell’Alta Irpinia, Oggi facciamo i conti con un decremento demografico fortissimo, di qui la necessità di investire sulla cultura come volano di sviluppo. Siamo convinti della necessità di costruire una rete con il Meda di Aquilonia e il Museo di Monteverde e di coinvolgere la comunità nel segno delle radici, dello studio del Meridione, capace di raccontare quella stagione di passaggio dalla civiltà agricola a quella industriale. Una sfida resa possibile con il sostegno di associazioni e pro loco”

E’ il direttore Giovanna Silvestri a porre l’accento sulla forza di un Museo che riapre con il sostegno di Regione e Provincia, con un nuovo allestimento che si affianca alla novità rappresentata dalla Biblioteca degli Irpini e alla mostra temporanea multimediale “It’s All In My Head” della fotografa documentarista e artista visiva nigeriana Etinosa Yvonne. Un museo nato dallo straordinario studio di comunità realizzato a Lacedonia grazie alle immagini fotografiche da Frank Cancian nel lontano 1957, che sessant’anni dopo fu donato dall’antropologo   americano al MAVI.

A rappresentare la Provincia l’avvocato Vincenzo Barrasso “Siamo chiamati a riflettere sulla nostra identità. Finalmente prendiamo coscienza del valore del nostro patrimonio e del territorio. Il nostro compito è quello di promuoverne la bellezza, riscoprendo il senso dell’appartenenza a un territorio”. E’ il sindaco di Sant’Angelo dei Lombardi Rosanna Repole, in rappresentanza della Città dell’Alta Irpinia, a spiegare come “Il Museo rappresenta un un luogo di cultura che deve essere spazio della comunità. Lacedonia ha una storia di tutto rispetto che si intreccia con quella dello storico istituto magistrale De Sanctis, eccellenza che deve essere difesa. Oggi abbiamo il compito di definire nuove politiche per la Città dell’Alta Irpinia, a partire dalla solidarietà e rete tra i territori e dalla creazione di una storia collettiva. Un’idea che deve entrare nella testa degli amministratori ma anche delle comunità. Il nostro modello di governance è stato fatto proprio dalla Regione che assegnerà quindici milioni di euro alla Città dell’Alta Irpinia. Questi fondi ci consentiranno di lavorare ad una rete dei beni culturali, in cui entreranno tutti i 25 comuni. Penso a una biblioteca come quella di Bisaccia che ha ricevuto la donazione di 30 mila volumi di Antonio La Penna. Altra strada da valorizzare è quella del turismo delle radici”

Emanuela Sica della Dmo pone l’accento sul lavoro svolto di studio dei territori “La programmazione per fare rete non può che partire da famiglia, Chiesa, Comune e Musei, elemento che raccoglie quelle che sono state le radici e permette di conoscere la storia del paese. Un percorso che vuole innanzitutto individuare la vocazione del territorio. Abbiamo creato una sinergia con la Regione Campania e Lazio nel segno del turismo delle radici che si concluderà con un grande evento legato al Festival delle radici”

E’ l’antropologo Francesco Faeta a soffermarsi sull’importanza dell’impegno di Cancian di offrire uno spaccato della comunità attraverso la sua documentazione fotografica e sul legame forte con Lacedonia, a partire dal fitto scambio epistolare con l’antropologo americano “Avrebbe avuto piacere di partecipare all’inaugurazione della mostra delle sue fotografie ma, quando si crearono le premesse per aprire il museo, Frank non stava più bene. Si è stabilita una vera condivisione attorno a un progetto e ho avuto l’onore di conoscere un vero amico”

E’ quindi l’architetto Enzo Tenore a illustrare il progetto del Mavi che oggi garantisce, oltre alla messa in sicurezza, al miglioramento energetico e alla migliore accessibilità ai diversamente abili, un sistema allestitivo riconoscibile e capace non solo di raccontare le ultime tracce storia dell’edificio ottocentesco, ex carcere mandamentale, ma anche di attivare nuove funzioni al suo interno  grazie agli arredi funzionali disegnati per i laboratori, le sale espositive, la sala conferenza e lo spazio esterno da destinare a proiezioni e concerti estivi “Abbiamo voluto puntare sulla qualità, del design, sulla lettura degli spazi, convinti che solo così possiamo far emergere il patrimonio culturale, le nostre risorse umane e le competenze in una visione di partecipazione comunitaria, coinvolgendo il più possibile le sapienze locali, nella costruzione, anzi progettando e avendo bene in mente le competenze che il territorio riesce ad esprimere. In questo modo si costruisce un’identità collettiva”

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