Corriere dell'Irpinia

La pulizia etnica in Kurdistan. Intervista a Carol Prunhuber

Donna curda in lotta contro l'Isis.

Di Vincenzo Fiore

Se i media occidentali sono concentrati quasi totalmente fra le drammatiche vicende che stanno avvenendo in Ucraina e in Palestina e soltanto raramente si ricordano dello Yemen, ancora meno sotto i riflettori è la terribile situazione che si vive nella terra che alcuni paesi vietano di chiamare con il proprio nome: il Kurdistan. Intervistata in esclusiva in Italia dal Corriere dell’Irpinia, Carol Prunhuber ci racconta a pochi giorni dalla presentazione in Francia della traduzione suo libro Dreaming Kurdistan con il titolo L’impossible Kurdistan. Du rêve inachevé à l’assassinat du leader kurde Ghassemlou (Perrin, 2024), le tragiche vicende di un popolo che non conosce ancora il suo destino.

 

Quando si parla del popolo curdo si fa riferimento a una cifra che va, secondo diverse stime, dai 32 ai 40 milioni di persone. Si tratta di una delle tante Nazioni senza Stato e di un territorio – il Kurdistan – che è diviso per la gran parte fra Iraq, Iran, Turchia e il nord della Siria. Come si è arrivati a questa situazione?

Copertina dell’edizione francese

Alla fine della Prima Guerra Mondiale, l’Impero Ottomano sconfitto fu smembrato dagli Alleati vittoriosi. Il Trattato di Sèvres, nel 1920, prometteva ai curdi uno Stato autonomo, ma dopo che Mustafa Kemal Atatürk vinse la sua guerra di indipendenza contro gli Alleati, ci fu un nuovo accordo, il Trattato di Losanna, nel 1923, che li privò di tale regime. I nuovi confini dividevano il territorio curdo principalmente tra gli stati appena creati di Turchia, Iraq e Siria, con l’aggiunta di coloro già vivevano in Iran.

 

Tra la fine degli anni ’80 e la Guerra del Golfo dei primi anni ’90, il governo iracheno guidato da Saddam Hussein ha utilizzato armi chimiche contro i propri cittadini di origine curda. Per quale motivo i curdi sono continuamente vittime di persecuzioni?

A causa delle grandi riserve di petrolio e gas naturale dalla regione abitata dai curdi, nessun paese è stato disposto a riconoscere o a consentire loro di sfruttare le risorse naturali. Ci sono anche enormi riserve d’acqua grazie ai fiumi, alle montagne innevate, alle precipitazioni e alle sorgenti acquifere presenti. La scarsità d’acqua nella regione presentatasi nel tempo, a causa del cambiamento climatico, è diventata motivo di controllo sui curdi. Iran, Turchia e Siria hanno costruito dighe sulle terre curde, costringendo lo sfollamento delle popolazioni, allagando città e monumenti storici, foreste e pascoli.

 

Il suo libro parla della figura di Abdul Rahmán Ghassemlou, assassinato brutalmente dopo la Fatwā voluta direttamente da Khomeini. Chi era Ghassemlou e perché è stato ucciso?

Egli ha mobilitato con successo la resistenza contro gli ayatollah. Grazie al suo carisma personale e alla sua visione politica, era molto popolare tra milioni di curdi e non solo. In qualità di economista e intellettuale laico con forti inclinazioni democratiche, con lo slogan del suo partito «Autonomia per il KurdistanDemocrazia per l’Iran», si opponeva alla dittatura teocratica imposta da Khomeini. I suoi stretti legami e rapporti con politici, giornalisti e accademici in Europa, nonché la sua capacità diplomatica, erano visti dal regime come una minaccia diretta.

 

Lei è di origini venezuelane e vive in Florida, com’è nato il suo interesse per un popolo così lontano?

Ho avuto la fortuna di aver incontrato due grandi personalità curde che mi hanno fatto conoscere la situazione curda. Nel 1982 ho incontrato Yilmaz Güney, regista turco-curdo al Festival di Cannes. Siamo diventati amici e mi ha fatto conoscere la diaspora curda a Parigi. Nel 1983 ho incontrato Ghassemlou che mi ha invitato ad andare in Kurdistan ed essere testimone in prima persona della lotta del suo popolo. Sono arrivata nel 1985 con un’équipe dell’agenzia francese Gamma TV per lavorare a un documentario sul conflitto dei curdi iraniani.

 

Nonostante i curdi siano stati fra i più attivi combattenti dei terroristi dell’Isis e lo sono ancora, sembra che l’Unione Europea e la comunità internazionale sottovalutino la loro condizione… 

Poiché non hanno uno Stato proprio, nel corso della loro storia i curdi sono stati utilizzati dagli Stati Uniti e dai vari governi per essere poi traditi. Ciò si è ripetuto dopo che l’amministrazione Trump ha ritirato le truppe americane dal nord-est della Siria e ha lasciato i curdi, decisivi nella sconfitta dell’Isis, vulnerabili a un attacco offensivo delle forze turche.

 

Da quando Erdoğan è al potere, sembra sia peggiorata la condizione delle minoranze curde in Turchia. Con l’espediente di voler attaccare il PKK (il partito marxista e armato curdo), alcune associazioni umanitarie denunciano che gli attacchi dei militari turchi siano indiscriminati contro tutta la popolazione. Che idea si è fatta al riguardo?

Edizione originale in inglese

Questa persecuzione da parte di Erdoğan va avanti da anni, inclusa l’incarcerazione di giornalisti, attivisti e politici in Turchia. Negli ultimi otto anni ha anche bombardato le aree curde in Siria e Iraq, uccidendo migliaia di persone. Nei territori curdi, nel nord della Siria, l’esercito turco e gli agenti armati locali hanno costretto gli abitanti dei villaggi a fuggire dalle loro case in preda al terrore, mentre le loro terre, proprietà e attività commerciali vengono saccheggiate e confiscate dagli occupanti. E non vi è alcuna reazione internazionale a questa situazione che possiamo definire: pulizia etnica.

 

Per parafrasare il titolo del suo libro, è impossibile immaginare in futuro un Kurdistan indipendente?

Sì, sarebbe auspicabile nel prossimo futuro. Ghassemlou una volta mi disse che i curdi in Iran volevano un’autonomia come avevano fatto i catalani in Spagna. Diceva: «La peggiore democrazia è migliore della migliore dittatura». Però, finché i paesi in cui vivono non rispettano i diritti delle minoranze, i curdi non potranno raggiungere il minimo obiettivo dell’autonomia, né tanto meno l’indipendenza. Con la comunità internazionale che non appoggerebbe alcun cambiamento di confini in quella zona…

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Dialoghi di Sherko Bekas (poeta curdo)

Il fiore ha scritto il suo diario

metà del diario

parlava della bellezza dell’acqua.

L’acqua ha scritto il suo diario,

metà del diario

parlava della bellezza del bosco.

Il bosco ha scritto il suo diario,

metà del diario

parlava della terra amata.

Ma quando la terra scrisse i suoi diari

tutti i diari parlavano della libertà.

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