Site icon Corriere dell'Irpinia

La ragazza di Pietra Durante, omaggio a Bisaccia e al coraggio delle donne

Si fa omaggio a Bisaccia e alla cultura contadina e insieme racconto del percorso di emancipazione di una donna “La ragazza di Pietra Durante’ di Bice Lapenna, edito da Delta. Uno spaccato della società di ieri scandita da una rigida gerarchia sociale e da rituali sempre uguali che davano senso all’esistenza. Cuore della narrazione la storia di una famiglia di proprietari terrieri che, dopo aver perduto tutto, cercherà di riconquistare e migliorare il proprio stato sociale.

E’ la stessa autrice a sottolineare come nel romanzo si intreccino finzione e realtà, a partire dalle reali vicende della famiglia materna. Così la narrazione diventa strumento per mantenere il legame forte con la madre, per colmare un vuoto perchè ciò che è stato non smetta di continuare ad esistere.

Dagli errori del ricco possidente Giuseppe, il capostipite, che finisce con il dissipare il patrimonio paterno ad Antonia che combatte per la sua realizzazione, una realizzazione che non può che passare per l’istruzione e il coraggio di non fermarsi di fronte a dinieghi.

Ad emergere tradizioni e rituali di una comunità, dalla mietitura al difficile lavoro dei maestri nelle pluriclassi, ma anche la dura fatica che segnava la vita di uomini e donne nella società contadina, costrette a fare i conti con un destino già assegnato.

“I giorni trascorrevano lenti ma inesorabili. La vita era scandita dalla consuetudine dei gesti quotidiani. Antonia si alzava di buon’ora, preparava la colazione per gli uomini che lavoravano a giornata nei loro terreni e poi il pranzo. Nei diversi periodi della raccolta come la vendemmia, la falciatura, la carratura, la trebbiatura, contribuiva al lavoro dei campi. Inoltre accudiva gli animali da stalla e da cortile…La vita della famiglia contadina era tutta incentrata sul lavoro e sui sacrifici, non concepiva spazi di libertà ed evasioni. Il divertimento era ritenuto un lusso da non poterselo permettere. L’unica cosa possibile era quella di recarsi in paese durante le feste religiose e durante i funerali”

“Durante la mietitura, che si praticava a mano – scrive ancora Lapenna – si lavorava fino a tarda notte, alla luce della luna. Il giorno seguente si racco- glievano i mannelli di grano, si formavano le gregne con le quali poi si componeva l’ausiello. In un secondo mo-
mento le gregne venivano trasportate con il carro sull’aia per la macina delle spighe. Con una zappa tagliente si liberava l’aia da tutte le erbe e le radici, quindi si bagnava il terreno e si spazzava con una grossa scopa di ginestre. Si sceglievano a coppie i muli più forti, che dovevano fungere da bestie da tiro”.

A scandire la famiglia i ruoli imposti dalla famiglia patriarcale “La nuova famiglia di Antonia, pur cominciando a pretendere ambiti di autonomia e di libertà, continuava ad essere ingabbiata nella più grande famiglia. Colui che decideva le sorti di tutti era il capostipite Giuseppe, che si comportava da vero Pater familias. Era lui a tenere i cordoni della borsa, a centellinare ogni cosa. A lui bisognava rivolgersi sia per le decisioni importanti, sia per comprare le scarpette o altro ai piccoli”.

Dall’emigrazione – sarà il papà Peppino ad andare a lavorare al Nord per fare però poi ritorno nella su Bisaccia- alla scoperta del valore della cultura e dell’istruzione, dalla passione per la filosofia al valore dell’amicizia, dal lavoro per pagarsi gli studi all’Università alla militanza politica, dalle prime supplenze in paesi quasi irraggiungibili al matrimonio, Francesca non si tirerà mai indietro e lotterà anche contro suo padre per coltivare i propri sogni, in un tempo in cui era ancora difficile per le donne affermarsi nei diversi ambiti della società. Conquisterà a poco, a poco i suoi spazi di libertà con determinazione, vincendo le proprie paure.

“Paradossalmente le sue paure, le sue fragilità e debolezze, per compensazione – scrive Lapenna – si rivelarono nel tempo la sua vera forza per non soccombere e continuare il meraviglioso viaggio della vita, sempre teso alla conquista di nuovi traguardi”.

Al centro del romanzo il complesso rapporto col padre, vittima di pregiudizi atavici, attento solo al miglioramento  della propria condizione sociale attraverso il lavoro, come un retaggio ereditato di padre in figlio “Francesca per tutta la sua breve esistenza aveva subito umiliazioni immeritate. Il padre, con i suoi divieti e le sue pesanti interferenze, aveva fatto naufragare gran parte dei suoi piani e progetti di vita. Le aveva trasmesso un forte senso di inferiorità. L’aveva fatta sentire responsabile per non essere nata maschio. Francesca aveva sofferto in silenzio, non proferendo mai una sola parola che facesse intendere il suo risentimento. Non per vigliaccheria, ma per una oscura tendenza tramandata di generazione in generazione non riusciva a manifestare apertamente la sua ribellione verso suo padre. Francesca questa volta decise di scardinare quest’atavica resistenza. Concepì ed oppose in pochi istanti il gran rifiuto. Con questa richiesta quasi provocatoria, il padre le aveva offerto l’occasione per consumare la sua vendetta”.

Francesca prenderà coscienza della complessità dell’animo umano e dei condizionamenti subiti dal padre fino a perdonarlo. E sarà lo stesso Peppino a comprendere i propri errori quando si offrire di pagare gli studi della nipote “Quasi a rimuovere il suo senso di colpa, indicò con il dito la piccola nipote, vissuta come prolungamento della figlia, e disse: «Se vuole studiare medicina accontentatela, vi aiuto io a sostenerla negli studi…» Ma questa è un’altra storia”

 

 

Exit mobile version