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La sfida dei piccoli comuni 

Pochi giorni fa sono stato ospite a Cairano con il mio libro “Lettera a mio figlio sulla politica”, presentato nell’ambito della Festa del migrante, una Kermesse che dura una settimana e che si aggiunge ad altre manifestazioni di respiro ormai nazionale che da anni si svolgono nel piccolo borgo dell’Alta Irpinia. La presentazione è avvenuta in un ex scuola trasformata in un polo formativo di eccellenza che ospiterà a settembre la Master class sullo spettacolo, con la direzione artistica di Franco Dragone, cittadino illustre di Cairano che insieme al sindaco Luigi D’ Angelis è un convinto e appassionato sostenitore di una Cairano moderna, dove però continua a battere un cuore antico. Nel piano inferiore della scuola, invece, sarà allestito, un museo archeologico con l’ esposizioni di manufatti risalenti alla civiltà Oliveto Cairano e a quella romana sviluppatasi per la vicinanza a Conza, importante e strategico municipium di Roma. L’allestimento del museo sarà finanziato con i fondi del progetto pilota che ancora non vede la luce, malgrado i tanti annunci e le tante promesse fatte negli ultimi due anni. Il borgo di Cairano, completamente recuperato, sta diventando il buen retiro di artisti, tanto che il sindaco lo ha candidato a diventare il luogo del pensiero, senza trasformarlo in un eremo per pensatori solitari mail luogo del confronto che diventa scuola, formazione e, dunque sapere da trasferire soprattutto ai giovani. Cairano diventa così l’emblema di come si possono rianimare i piccoli comuni, l’esempio vivente di uno sforzo per dare un’ identità a piccole comunità sempre più devastate da un inarrestabile spopolamento e attraversate da una profonda crisi economica. Ma l’ interrogativo, che forse al momento non può avere ancora una concreta risposta, è se il governo giallo verde ha a cuore le sorti delle piccole comunità e se è disposto a investire gli oltre cento milioni di euro previsti come dotazione finanziaria della legge 158 del 2017, passata come la legge a favore dei piccoli comuni. I beneficiari del provvedimento legislativo sono i Comuni fino a cinquemila abitanti che rappresentano la gran parte dei comuni italiani ma sono anche quelli più a rischio estinzione, dove la natalità è quasi pari allo zero e dove ormai si chiudono le scuole, gli uffici postali, con servizi sempre più carenti e persino inesistenti. Difficoltà a cui si aggiungono mali antichi di un territorio assalito da secolari problemi di assetto idrogeologico. La vulnerabilità geologica dei paesi dell’Appennino è antica, tanto che il meridionalista Giustino Fortunato la definì “sfasciume pendulo” in una denuncia di oltre un secolo fa che resta ancora attuale, poiché persiste la cronica infermità di un territorio sempre più a rischio. La legge sui piccoli comuni è stata approvata dopo un lungo e travagliato iter parlamentare, durato più legislature e ora che ha visto finalmente la luce corre il rischio di restare nel cassetto, seguendo il destino di molte leggi italiane, approvate e poi cadute nel dimenticatoio. Eppure i piccoli comuni, oltre a possedere notevoli bellezze artistiche e paesaggistiche, detengono anche il primato della produzione di prodotti di eccellenza a cominciare del vino ma anche altri prodotti della fiorente enogastronomia italiana. Una ricchezza economica frutto di un insieme di virtù valoriali che le piccole comunità possono ancora vantare , tanto da poter dire che esse rappresentano “l’Altra Italia”, quella del localismo comunitario, che mette insieme la tradizione millenaria del comunitario monastico con l’ altrettanta millenaria tradizione civica espressa dai comuni. “L’Altra Italia” che per queste sue innate virtù potrebbe persino aiutare a far risorgere l’Italia intera.

di Giandonato Giordano edito dal Quotidiano del Sud

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