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La sindrome dell’intestino irritabile e la dieta low fodmap

Di Francesca Finelli

La sindrome dell’intestino irritabile definita “colite spastica” o “colon irritabile” è una condizione molto comune e debilitante, che interessa circa il 10% della popolazione, soprattutto di sesso femminile e con un tasso più alto di prevalenza dai 20 ai 50 anni. La fisiopatologia dell’IBS non è completamente chiarita, ma sembrano contribuire alla sua patogenesi diverse anomalie, tra cui l’alterazione dell’asse intestino-cervello, la dismotilità intestinale, l’ipersensibilità viscerale, l’infiammazione di basso grado della mucosa, l’aumento della permeabilità intestinale e un microbiota alterato. L’approccio iniziale si basa su una adeguata educazione alimentare e dello stile di vita, di una terapia nutrizionale personalizzata che suggerisca alimenti e bevande utili ad attenuare anche la sintomatologia gastrica , insieme ad una corretta idratazione ed attività fisica appropriata. Tra le strategie utili ricordiamo, una Dieta di eliminazione di cibi “formanti gas”: se il sintomo principale è il meteorismo e gonfiore con distensione addominale, è consigliabile la riduzione di alimenti che fermentano come le bevande gassate, l’insalata a foglia larga (es. lattuga), gli ortaggi (es. cavolfiore, piselli, broccoli), i legumi (es. fagioli, ceci, lenticchie), masticare chewing-gum, e la frutta dopo i pasti (è preferibile consumarla lontano). Oppure la dieta a basso contenuto di FODMAP (oligosaccaridi fermentabili, disaccaridi, monosaccaridi e polioli) limita i carboidrati alimentari a catena corta, scarsamente assorbiti nell’intestino tenue e fermentati nel grande intestino. I FODMAP si trovano nel grano , in alcuni tipi di frutta e verdura , nei legumi , nei dolcificanti artificiali e in alcuni limenti preconfezionati . Questo tipo di terapia dietetica a basso contenuto di FODMAPs (LOW FODMAPs) è stata formalizzata ed applicata per la prima volta nel 2005 da un gruppo di ricercatori australiani che indagarono i meccanismi attraverso i quali questo tipo di dieta riuscisse ad esercitare la sua azione benefica in pazienti con IBS. Numerose evidenze scientifiche hanno potuto provare che l’ingestione di carboidrati a catena corta può indurre i sintomi tipici della IBS e che una loro restrizione protratta per un periodo di almeno 8-12 settimane è associata ad un significativo miglioramento dei sintomi in pazienti con IBS. Lo studio italiano condotto nel 2014 presso l’Università la Sapienza di Roma dal gruppo del Prof. Piacentini ha confermato le ipotesi sulla validità della dieta LOW FODMAP in pazienti con sindrome dell’intestino irritabile. La dieta a basso contenuto di FODMAP è un protocollo complesso che ha una forte componente educativa e richiede la guida di un nutrizionista che si assicurerà che i pazienti siano conformi alla fase di esclusione e che le loro diete siano responsabili dal punto di vista medico e nutrizionale. Come per l’uso eccessivo di antibiotici, la disbiosi del microbioma può derivare da una dieta troppo ristretta perché la composizione del microbioma intestinale è in gran parte determinata dalla disponibilità e dalla competizione di vari substrati. Molti alimenti che sono limitati dalla dieta a basso contenuto di FODMAP, come aglio, cipolle e asparagi, sono grandi fonti di fibre prebiotiche che svolgono un ruolo importante nell’equilibrare la composizione del microbioma intestinale. Seguire uno stile di vita più regolare con le giuste integrazioni alimentari, nell’ attenta cura del microbiota intestinale, possono essere rimedi giusti per un benessere completo.

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