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Le stagioni politiche e il Sud dimenticato

Cambiano i governi, si alternano le stagioni politiche ma il Mezzogiorno continua a essere dimenticato e snobbato dai politici di turno. Nemmeno una citazione sul Sud ha accompagnato la prima stesura del famigerato contratto di governo tra Salvini e Di Maio, omissione riparata  successivamente con l’aggiunta di sole otto righe dedicate al Mezzogiorno . Una parca citazione che omette del tutto  il secolare divario tra le due Italie che  ancora persiste  e che è addirittura aumentando negli ultimi anni sotto l’effetto della crisi economica.

Per il nuovo Governo,  il Sud vale poche righe e un misero ministero, privo di risorse  essendo un dicastero senza portafoglio.   Ma le omissioni non si fermano qui. Il neo Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo discorso  a palazzo Madama non hai mai pronunciato la parola  mezzogiorno. Una sconvolgente dimenticanza chiarita nella replica con l’ecumenica quanto grottesca giustificazione che il Sud è l’Italia. Come si sa, la toppa spesso è peggiore del buco.

Inserire  nella compagine di Governo  un dicastero per il Sud  povero di risorse  finanziarie  e per giunta senza una strategia resta solo un’operazione  di facciata, un’ipocrita scelta  per nascondere ancora una volta che i veri interessi  di questo governo a trazione leghista sono concentrati nel Settentrione, malgrado la populistica mossa di Salvini di cancellare la parola Nord dal logo della Lega. Una mossa abile e astuta per catturare consenso al Sud, riverniciando un partito che nel suo Dna  continua ad avere un confine  geopolitico preciso che non va oltre il Rubicone. Il Sud  per la rinnovata  Lega di Salvini  è solo una terra di conquista, un volgo disperso che nome non ha, mentre per i 5 Stelle  un enorme serbatoio elettorale che deve essere alimentato  attraverso il  reddito di cittadinanza che interessa quella parte del Mezzogiorno disperata e povera, sfruttata e umiliata con  uno  strumento di sopravvivenza sicuramente utile e necessario per chi non ha lavoro o chi lo ha perso, ma infruttuoso sul piano dello sviluppo.

L’Italia  negli ultimi venti anni è cresciuta meno dei 28 paesi dell’Europa con un misero 2% di PIL pro capite a differenza della Francia con un 18%,Spagna  con un 24%, Germania  con un 25%. Gli stessi paesi citati, dopo la crisi economica  epocale del 2009 hanno raggiunto una crescita superiore all’Italia.  Senza andare  su un terreno scivoloso e per me improprio, mi rifaccio alla lucida analisi degli ultimi  epigoni del grande  meridionalismo secondo i quali la contenuta crescita  dell’Italia rispetto agli altri paesi europei è dovuta  al fatto che metà Nazione non è stata messa in condizione di svilupparsi attraverso massicci investimenti che avrebbero sicuramente fatto elevare il nostro Pil nazionale.

Per risollevare il Sud c’è bisogno di un intervento straordinario che rimetta in moto l’economia e gli investimenti, senza ridurre il tutto a mance che mortificano il glorioso mezzogiorno facendolo ritornare a pratiche e usanze di stile giolittiano.  La conferma che l’investimento al Sud avrebbe fatto crescere di più l’Italia nell’ultimo ventennio viene dal modello tedesco.  La Germania dopo l’unificazione con il crollo del muro di Berlino ha ereditato una parte dell’est in una condizione di arretratezza economica e sociale. Per superare questo enorme Gap   ha speso in queste  Regioni  1500 miliardi, cinque volte in più di quanto è costato il tanto bistrattato intervento straordinario per il Sud, dove in sessant’anni di intervento  sono stati spesi solo 342,5 miliardi di euro. La Germania dell’est ha recuperato così lo storico ritardo e la sua crescita ha contribuito a costruire l’attuale grandezza economica  del paese teutonico. A differenza dell’Italia che dagli anni 90  ha spostato l’interesse al Nord invertendo l’ ordine e costruendo una fantomatica   questione del Nord, alimentata dalla Lega di Bossi e dal suo sbandierato separatismo. Il Sud è stato, così, abbandonato al suo fatale destino .

di Giandonato Giordano edito dal Quotidiano del Sud

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