Non solo. Ad un parlamentare uno che si è infiltrato nella nobile storia politica dell’Irpinia con truppe di assalto che, salvo qualche rara eccezione, sono il peggio della politica locale – Di Guglielmo consente di immaginare la scelta autonoma del presidente della Provincia. Altrimenti, dice costui, sarà una lista civica a sostenerlo. Linguaggio che non ha nessun riscontro nella civile tradizione politica irpina. E il segretario che fa? Rimane muto, quando è chiaro che il suo ruolo gli imporrebbe di condannare queste espressioni e di ricondurre tutto a una sintesi per l’unità del partito, mostrando, se proprio necessario, atti di coraggio. Ecco allora tornare la proposta di cui dicevo prima. Certamente è contrario a questa chi vuole dividere e fomentare dissenso. Ovviamente a qualcuno verrà pure in mente di chiedersi: perchè tanto interesse per il Pd? Rispondo: perchè questo partito, a livello provinciale ha grandi responsabilità nel governo del territorio e del suo sviluppo. Le vertenze aperte sul piano dell’occupazione e delle vertenze di lavoro, della politica delle infrastrutture necessarie (leggi ponti disastrati), dell’am – biente e dei rifiuti vedono, purtroppo, il partito assente sia pure nelle indicazioni e nelle scelte da portare a termine. Mai il segretario del Pd si è attivato su questo fronte, a meno che non si trattasse di piccoli segmenti della gestione di un potere effimero. Se questo è il tempo che ci è dato vivere, per usare in modo irriverente un’espressione di Aldo Moro, allora questo tempo è il peggiore che sta vivendo la democrazia partecipativa della nostra provincia. Ci viene da rimpiangere il passato: le lotte della Dc e del Pci sulle questioni della realtà irpina, il confronto aspro, ma sempre con lo sguardo all’interesse generale. E pensando ai vari De Mita, Mancino, Bianco, Gargani, D’Ambrosio, Acone, De Vito ed altri esponenti della politica del passato, che ben conoscevano la materia di cui discutevano, non possiamo non restare basiti di fronte alla superficialità con cui si agisce nella realtà attuale. Il Comune di Avellino, e le vicende di cui quotidianamente narriamo, è l’esempio plastico delle incongruenza della classe politica non dirigente. Per tornare al Pd. Io penso, per il bene delle comunità, che bisogna porre fine alle scorribande selvagge di chi ritiene il partito cosa propria e agisce contro di esso. C’è necessità di analizzare le contraddizioni e farne sintesi virtuose. E’ un consiglio per il giovane segretario che oggi sembra prigioniero di logiche di parte. C’è una qualità che egli deve dimostrare in queste difficili ore che il partito attraversa: l’umiltà per restituire a se stesso, agli iscritti e agli stessi alleati il valore della mediazione e del recupero dell’identità. Senza questo il Pd non è un partito e chi ne è segretario è un morto che si agita nelle ombre di un vento impetuoso.
di Gianni Festa edito dal Quotidiano del Sud