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L’implosione dell’oasi felice

Di Jole Capozzi

Accade, in una mattinata di mezza estate, che la provincia si svegli contando incredula fino a trecento, a malincuore, sonnecchiando, forse senza comprendere la vera portata di quei trecento anni di condanne. E se non fosse colpa solo di chi spara? Se essere lavoratori, insegnanti, professionisti affermati, integerrimi disoccupati, politici inattaccabili e casalinghe silenziose non bastasse? Se qualcuno ci dicesse che la nostra complicità è innegabile? Se le nostre vite banalmente votate al “buonismo” e al politically correct non potessero esimersi dalla colpa? E’ vero, solo una minoranza produce violenza ma lo fa con il benestare di chi afferma che la cosa non lo riguarda. Si sa, gli italiani fanno fatica a scendere in piazza, a ribellarsi, meglio non esporsi per ciò che riguarda altri ed altro, noi irpini non siamo da meno. Ebbene, la rivelazione è che tutto ciò che accade nelle nostre strade, nei nostri uffici lenti e disordinati, nelle mille lunghissime e varie graduatorie, è tutto affare nostro, incide sulla nostra qualità di vita e sul futuro che da queste parti stenta ad arrivare. Esistono sani compromessi di vita a cui nessuno deve e può sottrarsi e poi esistono i compromessi malati a cui sembriamo assuefatti, che non ci lasceranno scampo e che stanno minando la terra irpina da cui purtroppo in tanti continuano a fuggire, terra verde e rigogliosa che vive di occasioni mancate, di patti irrisolti, di silenziose connivenze e di certezze infondate. ”La camorra gode di consenso sociale”, afferma il procuratore Airoma, impossibile contraddirlo. E’ giusto affermare che ci sia una predisposizione culturale e sociale che favorisce il proliferare di fenomeni criminali organizzati? Probabilmente in un territorio lavorativamente attivo nessuno dovrebbe avere “amici” per lavorare onestamente, nessuno dovrebbe ripiegare su attività discutibili, in un territorio sano i servizi sarebbero gestiti diversamente se ci fosse la certezza della sanzione, se il posto fisso non fosse così fisso e affatto meritocratico. Per molti le scelte restano due: fare pacchi da distribuire a Natale e Pasqua o impacchettare la propria vita e partire. La creazione della terza possibilità deve attivarci, scuoterci, farci sentire chiamati in causa anche dal divano di casa nostra. Cominciamo col dire tanti piccoli, apparentemente impercettibili “no”. No agli amici degli amici, no alla compravendita del lavoro dipendente, no al voto di scambio, no al silenzio assenso, no alle elargizioni che ci comprano e non regalano, no alle partenze rassegnate. “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”, ripetiamolo come un mantra e senza accorgercene quei piccoli “no” diventeranno il boato che l’Irpinia aspetta da troppo tempo.

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