Corriere dell'Irpinia

Monsignor Cascio al carcere di Bellizzi: “Contesti difficili, ma c’è sempre speranza”

AVELLINO – Visita pastorale oggi nel carcere di Bellizzi per don Marco, parroco di Forino e monsignor Pasquale Cascio, vescovo della diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi e vicepresidente della Conferenza Episcopale Campana. Su iniziativa della diocesi di Avellino è stato organizzato un momento di preghiera, assieme ai detenuti, davanti alla statua della Madonna di Fatima . “La Madonna – ha detto monsignor Cascio – ha sempre un influsso speciale sul cuore di chi crede, di chi cerca e di chi ha tanta speranza e di chi ha proprio bisogno di una figura materna che aiuti a tirar fuori il meglio che c’è dentro”. “E’ vero, le carceri sono un contesto difficile… sì, ma non dobbiamo esagerare, perché dove ci sono le persone c’è sempre la speranza. C’è sempre la fiducia da coltivare, perché se non si coltiva la fiducia nell’uomo, non si fa niente”.

Il rapporto tra detenuti e agenti penitenziari? “C’è bisogno di condivisione. Condividere un percorso, perché si tratta di un tratto di vita per i nostri fratelli detenuti e di un tratto di vita lavorativa per gli agenti. Si devono incontrare le vite, e quando si incontrano le vite c’è sempre speranza”.

Questo è stato solo il primo di una serie di appuntamenti del ciclo “Incontri con Maria”: “Io ho fatto questo primo incontro – ha detto Cascio -, perché sono il vescovo delegato per la regione Campania per gli istituti di pena, poi ci saranno altre figure sacerdotali e  laicali che sapranno aiutare i nostri fratelli e sorelle a fare questo cammino di fede  e di speranza, ma ripeto anche di ripresa di fiducia in se stessi e nella struttura in cui si trovano”.

La direttrice del carcere di Bellizzi Rita Romano: “Coltivare quello che c’è di positivo nell’animo umano diventa particolarmente importante in luoghi come questi dove si vive in pena, dove sia i diversamente liberi, come li definisco io, sia il personale, sono costretti a vivere in una condizione di sofferenza, diretta e indiretta. Perché comunque avere contatto con sacche di povertà e di sofferenza tali, ti coinvolge. Se non sei totalmente insensibile entri in empatia con determinate dinamiche e in qualche modo queste ti creano in sofferenza. Alla fine, come diceva monsignor Cascio, coltivare la speranza è fondamentale e questi momenti servono proprio a questo”.

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