Corriere dell'Irpinia

Nicola Vacca e un dialogo impossibile con Dio

Di Vincenzo Fiore

Se la grande distribuzione continua a sfornare libri pubblicati da personaggi televisivi, calciatori e addirittura ex veline riciclate a opinioniste, la poesia, quella vera, si nasconde spesso fra gli scaffali della piccola e media editoria. Artigiani del libro che scoprono nuovi talenti e ripubblicano opere di pregiato valore ormai scomparse dal mercato. È il caso de «L’Argo Libro Editore» che ha dato nuova vita – con l’aggiunta di inediti – alla raccolta «Almeno un grammo di salvezza» di Nicola Vacca. Come scrive Gianfrancesco Caputo nella prefazione: Vacca «si aggira attorno al tema del sacro come un delatore incapace di invocare Dio ma capace di spiarlo». Figlio della tradizione scettica, Vacca, nello stesso tempo, è capace di calunniare l’universo e di pregare laicamente in versi un Dio che non si mostra, un Dio nascosto.

La raccolta nasce dopo un incontro particolare, può dirci di più?

Nasce dopo un incontro con il Cardinale Ravasi. Sfogliando un’edizione della Bibbia da lui commentata mi venne in mente di scrivere un libro di versi. La mia attenzione si fermò sui libri sapienziali, soprattutto sul Libro di Giobbe, che affronta la filosofia del dolore, e il Qoelet, il più tragico e poetico tra i libri della Bibbia in cui si trova l’uomo stretto nel rapporto tra il bene e il male. Così iniziai a scrivere queste meditazioni laiche in versi, dove la mia religiosità laica incontrava il sacro, cercando sempre una parola che fosse partecipe dell’oggi.

Lei ha parlato più volte dell’impossibilità di un autore di spiegare la propria poesia. Crede, come Cioran, che tutto ciò che non è diretto è nullo?

Sono fermamente convinto di questo. La condizione necessaria per non mentire a se stessi e dire sempre agli altri la verità. Abbiamo il dovere di scrivere e di dire quello che pensiamo. Se tradiamo questo principio, la letteratura e la vita saranno sempre delle menzogne. Non riesco a concepire una poesia (e quindi la vita) lontana da qualsiasi forma di schiettezza. «Tutto ciò che diretto è nullo» è un aforisma che dovremmo tutti farci tatuare sulla pelle.

Questo progetto è anche un sostegno all’editoria indipendente. Come immagina il futuro dell’editoria?

Francesco Sicilia e Milena Esposito dell’Argo Libro con coraggio hanno creato questa realtà e con grande determinazione pubblicano libri belli e di qualità sfidando con ogni pubblicazione le logiche massificate del mercato. Un progetto che va sicuramente sostenuto. Sono onorato di contribuire alla difesa della cultura vera e libera con questo mio libro. “Dio è morto, Marx pure” e l’editoria non gode ottima salute. Il futuro della nostra editoria è davvero in pericolo. Il dramma è che non si pubblicano più i libri che gli italiani devono leggere, ma quelli che vogliono leggere secondo indagini di mercato. Di tutti questi casi editoriali costruiti ad hoc dalle case editrici che detengono il potere, tra cinquanta anni non rimarrà nulla.

 

In questa raccolta, Dio è il fiume carsico che lega tutti i suoi versi. Qual è il suo rapporto con la fede?

Sono uno scettico e quindi quando parlo di Dio i punti interrogativi si sprecano. Parlo a un Dio che esiste ma che non c’è, e se c’è è molto distratto. Senza illusioni e al di là di ogni credo, tento di mettere a nudo la trascendenza inchiodandola a fare i conti con la realtà attraverso la poesia, che anche quando nasce da intuizioni bibliche, si sporca le mani con l’esistenza. «L’ultima nostalgia; credere di aver sognato tutti i mondi possibili». Prendo in prestito questo aforisma di Cioran per invitare il lettore a restare vigile davanti alle utopie di ogni credo.

In un mondo che non si interroga più, dove l’apocalisse è quasi auspicabile, in che cosa o in che modo è possibile trovare il nostro «grammo di salvezza»?

Forse è per questo motivo che ho scritto il libro. Sinceramente a questa domanda è difficile rispondere. L’unica cosa che mi sento in dovere di fare è continuare a scrivere, a leggere e pensare.  La salvezza non è a portata di mano mentre l’apocalisse è in pole position. Compito del poeta è riempire il caos, scriveva Ezra Pound. Il nostro grammo di salvezza ce lo dobbiamo sudare, pur sapendo che non è facile guadagnarselo. Come poeta, scrittore e uomo non smetterò mai di cercare, essendo consapevole che forse non troverò mai nulla. Non so se qualcuno di noi troverà il proprio grammo di salvezza, ma tutti abbiamo il dovere di essere curiosi e svegli (nella conoscenza) davanti alla strada che ci resta da percorrere. Se rinunciamo a questo stato di vigilanza ci estingueremo prima del tempo.

Exit mobile version