Corriere dell'Irpinia

Padre e figlio assolti dall’accusa di tentato omicidio

Clamorosa assoluzione per due pluripregiudicati di Afragola, Esposito Ciro ed Esposito Carlo Giuseppe, entrambi difesi dall’Avvocato avellinese Rolando Iorio. Ieri mattina dinanzi al Gup del Tribunale di Napoli Nord, Dott.ssa Donata Di Sarno, vi è stata la sentenza di assoluzione per i due imputati, padre e figlio, rispettivamente classe 1978 e classe 1998.

Accolte in pieno le argomentazioni difensive prospettate dall Avvocato Rolando Iorio che al termine di una serrata arringa ha chiesto l’assoluzione per entrambi i suoi assistiti i quali avevano optato per il rito abbreviato.

I fatti risalgono al 2 Febbraio 2018 quando nel Rione Salicelle di Afragola, per ragioni mai chiarite, scoppia l’inferno tra due famiglie, quella degli Esposito e quella dei D’Ambra, che in più occasioni si sfidano a colpi di pistola, in un clima da far west metropolitano. Numerose le autovetture attinte dai colpi di arma da fuoco, nonchè le vetrate di alcune finestre e verande del Rione Salicelle.

I Carabinieri, nel corso del sopralluogo, rinvenivano numerosi proiettili sui balconi e sulla superficie esterna della palazzina. Ad avere la peggio era D’Ambra Michele, pluripregiudicato di Afragola, che nel corso dell’ultima sparatoria veniva attinto all’addome. Immediatamente l’uomo, classe 1962, veniva trasportato dapprima presso il vicino nosocomio di Acerra e successivamente, in considerazione della gravità delle condizioni, presso l’Ospedale Cardarelli di Napoli dove entrava con codice rosso.

L’uomo durante il trasporto al Cardarelli confidava ai Carabinieri sopraggiunti che a sparargli erano stati gli Esposito, padre e figlio. Immediatamente partivano le ricerche volte alla cattura dei due che non venivano rinvenuti nel loro domicilio. Il giorno seguente ai fatti, Esposito Carlo Giuseppe si recava spontaneamente dai Carabinieri e confessava di essere stato lui a sparare il giorno precedente in una delle occasioni di scontro con i D’Ambra, precisando, comunque, di non essere sicuro di aver attinto il D’Ambra Michele il quale, nel frattempo, versava in condizioni gravissime presso l’Ospedale Cardarelli di Napoli.

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