Corriere dell'Irpinia

Processo Aste ok, si discute il ricorso in Cassazione

Foto: cortedicassazione.it

 Processo Aste ok, sara’ discusso il 12 luglio prossimo, dalla Suprema Corte di Cassazione, VI Sezione, il ricorso presentato dal pubblico ministero Henry Jhon Woodcock, riguardante la sentenza emessa dal Tribunale di Avellino  lo scorso il 27 aprile 2024.

Oltre a Gratteri e Woodcock, il ricorso porta anche le firme del Procuratore Aggiunto Sergio Ferrigno e del sostituto procuratore dell’Area I Rosa Volpe. Prima della presentazione di questo ricorso, anche i difensori delle parti civili  avevano considerato di presentare un ricorso per Cassazione per la stessa questione. Il ricorso è stato presentato contro otto imputati, ora nuovamente indagati: Aprile Armando, Livia Forte, Nicola Galdieri, Beniamino Pagano, Carlo Dello Russo, Antonio Barone e Gianluca Formisano. Tutti sono stati rilasciati a seguito della decisione presa dal Tribunale di Avellino dopo una lunga camera di consiglio e un processo durato anni.

Nel ricorso, i magistrati hanno sottolineato come la decisione del Tribunale di Avellino sia affetta da “abnormità strutturale”. Hanno inoltre osservato che l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 521, 2 comma c.p.p., avrebbe assunto le caratteristiche di una vera e propria sentenza di condanna, superando i limiti consentiti.

Questo non è l’unico motivo sollevato dalla Procura Antimafia, che ha ulteriormente scritto sul profilo dell’abnormità strutturale, ritenuta macroscopica. Sempre a proposito dell’invito doveroso che il Tribunale avrebbe dovuto rivolgere al PM e delle richieste conseguenti che i difensori avrebbero potuto articolare nel contesto del medesimo dibattimento, è lo stesso Collegio Giudicante che da una parte evidenzia che già nel corso del dibattimento erano emerse a carico degli imputati condotte criminose, definite “diverse” e “caratterizzate dalle modalità operative tipiche del modello associativo delineato dall’art. 416 bis c.p., racchiudibili nell’unitario concetto di metodo mafioso”, sottolineando che, sempre dall’istruttoria dibattimentale, era emerso che i cosiddetti “Tretrè” hanno agito per anni come soggetti conosciuti e fortemente temuti dalla comunità irpina, nell’assoluta consapevolezza di esercitare un potere criminale radicato sul territorio di Avellino e provincia (come emerso in dibattimento sia dalle deposizioni dei testi di Polizia Giudiziaria sia dalle dichiarazioni delle persone offese, quest’ultime genuine e spontanee nel riferire delle metodiche criminali del gruppo), e dall’altra dà atto che gli imputati si erano ampiamente difesi nel corso del medesimo dibattimento (e, come si è detto, avrebbero potuto integrare le loro difese se fosse stata data al PM la possibilità di integrare le contestazioni).

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