Corriere dell'Irpinia

Quando la maturità incuteva terrore ma faceva crescere

Dal desiderio di libertà alla paura di non farcela. Sono tante le emozioni che accompagnano il ricordo della maturità, autentico spartiacque nel percorso di crescita. “Mi sono diplomato all’Itc Amabile – spiega Pietro Mitrione, anima dell’associazione InlocoMotivi – la vecchia ragioneria, sono stato uno degli ultimi a sostenere l’esame secondo la modalità tradizionale. Eravamo interrogati in tutte le materie, anche su argomenti anche degli anni passati. Sono stato tra i pochissimi ad essere promosso a giugno, tanti miei compagni sono stati rimandati a settembre. Per noi rappresentava uno scoglio durissimo, nessuno aveva la certezza di riuscire a superarlo. Purtroppo, esisteva una sorta di sbarramento e non ho potuto iscrivermi a medicina, così ho studiato economia marittima ma la gioia per la promozione è stata grandissima. Avevamo avuto dei bravissimi docenti di ragioneria e tecnica commerciale e questo mi ha avvantaggiato molto all’Università. Alcuni dei nostri professori delle superiori erano il nostro incubo, come la professoressa Di Giovinazzo, altri come il professore Alfonso Luciano, con la sua fede comunista. hanno contribuito alla mia maturità politica. E’ grazie a docenti di questo calibro che si sono poste le basi di una vera classe dirigente”

“Ho un ricordo quantomai vivido degli esami di maturità – spiega il filosofo Luigi Anzalone – Non a caso, il rettore dell’Università di Torino negli anni ‘60 dichiarò che per ogni studente la maturità è la prova più impegnativa, emozionante e difficile. Il mio ricordo si lega innanzitutto a un momento di allegria nella tensione del giorno precedente alla prima prova d’esame, quella del tema d’italiano. Andai a ballare a casa di un mio amico, Mario Scala, che abitava a Via Dante. In luogo dei soffitti che ci sono ora, questa palazzina aveva un’enorme terrazza da cui provenivano le note di ‘Abbronzatissima’, canzone che proprio allora era uscita e che insieme a “Guarda come dondolo”, sempre di Vianello, riscosse grande successo tra una quarantina di giovani maturandi, ragazzi e ragazze. La canzone “Abbronzatissima” mi colpì a tal punto, che il giorno successivo, dopo che furono dettate le tracce, invece di scrivere, per una mezzoretta la canticchiai, l’avevo mandata a memoria. Solo dopo, mi decisi a svolgere il tema di italiano, scegliendo la traccia su che cosa significasse parlare di coscienza europea. Nella prova di italiano me la cavai bene, così pure nelle due prove di latino. La prova di greco, lo confesso, fu più perigliosa. Con una certa difficoltà riuscii a capire il senso del brano proposto, che faceva parte dell’Apologia di Socrate di Platone e che era piuttosto ostico. Gli orali miei- allora si portavano tutte e dieci le materie di insegnamento con riferimenti agli anni precedenti – furono sostanzialmente positivi e in certi casi brillanti”.

Un racconto, quello di Anzalone che indugia sui particolari “Molto contrastato fu il mio colloquio con il professore di storia e filosofia. che era una spiritualista, mentre io feci mostra del mio marxismo, piuttosto dogmatico con forti ascendenze hegeliane. Ammesso con otto in filosofia, presi sei, compensato da un sette in storia. Questo fatto mi fece talmente indignare che determinò in me l’idea di iscrivermi a filosofia, invece che a giurisprudenza, condizionando anche il corso della mia vita. Particolarmente divertente, e direi tragicomico, fu il mio esame di storia dell’arte, materia in cui la mia asineria era notevole. Arrivai a dire che Vanvitelli era un pittore nato a Firenze, invece dell’architetto della Reggia di Caserta. La professoressa esaminatrice, alla quale ero stato caldamente raccomandato dal professore Italo Freda, che mi prediligeva e sapeva che non conoscevo un acca di storia dell’arte, mi mette davanti l’immagine di un quadro, con un nudo di donna e mi dice: lei che nota?” Io che avevo sempre sentito dal professore Di Iorio, noto docente di storia dell’arte, parlare di panneggio, scioccamente risposi “Noto il panneggio”, la professoressa, sdegnata, replicò “Ma se è un nudo”. E io serafico “Ma io mi riferisco a un panneggio ideale”. Al che la professoressa mi disse “Vada via”. Ancora più catastrofica fu la mia prova di educazione fisica, materia che disdegnavo, ritenendo che un marxista femminista non si potesse interessare di tale roba. Riuscii a far cadere l’asticella del salto in alto a venti centimetri e a non iniziare neppure a scalare la pertica o la fune. Anche in questo caso, fui scacciato dagli esaminatori in malo modo. Fui promosso, con due soli sette in storia e italiano, insieme a cinque altri miei compagni, tra cui ricordo i compianti professore Giuliano Minichiello, docente universitario e Claudio Meoli, che erano i miei più fraterni amici. Nella nostra classe di diciotto studenti, sei furono rimandati e sei respinti”.

“Dovevo, all’indomani della maturità – prosegue il racconto Anzalone – partire per Rimini in vacanza premio ma ero talmente stanco e avevo bisogno di dormire e riposare che rinunciai e chiesi a mio padre di regalarmi, per leggerla durante l’estate, la Critica della Ragion Pura di Kant e le Opere Scelte di Lenin. Avevo, nella seconda metà di Ferragosto, appena terminato la lettura di Stato e Rivoluzione di Lenin e quella dell’Analitica Trascendentale della Ragion Pura, quando un mio amico mi venne a chiamare per andare a giocare a biliardino, gioco in cui ero un asso. E così, verso sera, vidi entrare nel bar un’incantevole fanciulla bionda, altissima, di famiglia originaria di Flumeri, che da quel momento in poi mi fece dimenticare le mie ascetiche letture di Kant e Lenin”

Luca Pugliese, musicista e pittore, ricorda come “All’esame di maturità parlai del cinema neorealista e per la prima volta mi sentii capito. Studiavo al liceo scientifico di Mirabella e fino ad allora mi ero sempre sentito troppo all’avanguardia perchè la scuola e i docenti potessero valorizzare le mie potenzialità, mi sentivo sempre inadatto a uno spazio come quello della scuola. Ricordo, invece, la mia sorpresa nello scoprire che finalmente qualcuno apprezzava le mie idee, condivideva il mio sguardo mentre parlavo di Luchino Visconti. Oggi mi auguro che la scuola sia capace di stare al passo con i ragazzi e con la società che cambia”.

L’attore e regista del Teatro d’Europa Luigi Frasca  ricorda la tensione di quei giorni “Ero alle prese con l’esame di maturità all’Itis Dorso ma dovevo sostenere anche l’esame per la patente. La tensione era fortissima. Pensavo con emozione alla libertà di decidere della mia vita che avrei avuto, dopo aver superato quello scoglio.  L’esame fu duro ma ci aiutammo l’un l’altro in classe, e anche se poi scelsi una strada diversa da quella tecnica, ricordo con infinita riconoscenza quella prova e gli anni delle superiori per la formazione ricevuta. Devo ringraziare i miei professori se ho imparato presto a cavarmela e affrontare ogni situazione”

 

Il professore Pino Acocella, rettore dell’Università Giustino Fortunato, spiega  come “Era la metà degli anni ’60, era finita la stagione in cui l’esame era un vero incubo. Ho vissuto la maturità in modo molto consapevole, a differenza di tanti giovani che cercano mille giustificazioni per le loro paure. Posso dire con orgoglio che facevo parte di un gruppo di allievi che aveva avuto la fortuna di formarsi con un liceo molto solido. Erano gli anni in cui era appena nato il De Sanctis di Salerno. Con me c’erano compagni di classe destinati a una carriera luminosa, come il futuro giudice Andria, i docenti Tomasco, De Marco, D’Aniello. Io avevo una predisposizione particolare per materie come matematica e fisica e il membro interno era un docente di matematica. Ricordo l’esame come una prova di grande serietà e rigore, in cui non si facevano sconti, dovevamo affrontare sia la versione di greco che quella di latino, nessuna alternanza. Devo ammettere che abbiamo vissuto a lungo di rendita grazie agli studi fatti al liceo. Ricordo che il tema di italiano riguardò il romanzo del Novecento. Era un’esperienza che accettavamo, consapevoli che fosse una tappa inevitabile per poi decidere della propria vita”. Ai giovani maturandi di oggi “Dico di non farsi condizionare dai racconti e dalle leggende, di seguire un corso di studi regolare e di affrontare la maturità con serietà. Io praticavo anche atletica leggera e partecipavo ai campionati internazionali eppure questo non mi ha impedito di studiare. Oggi si pensa che, quando ci sono esami, gli studenti debbano concentrarsi solo su di essi e non siano in grado di gestire più impegni. Ma non è necessariamente così. I nostri genitori, a stento sapevano che corso facevamo e mai hanno interferito nel nostro percorso di studenti, avanzando pretese con i docenti. Questo ci ha aiutato a crescere”

 

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