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Ripartire dal turismo secondario. L’Irpinia diventi una meta alternativa al turismo di massa

Di Matteo Galasso

La crisi economica che sta colpendo l’Europa dopo le catastrofi degli ultimi anni – dalla pandemia alla guerra russo-ucraina – ha portato ad un aumento del costo della vita. L’inflazione sta riducendo sempre più le possibilità economiche e il potere d’acquisto delle famiglie, aumentando significativamente il divario economico tra i ceti più ricchi e i meno abbienti.

A subire un rincaro maggiore, pur se ingiustificato, è probabilmente il settore del turismo e dei trasporti su larga scala. Mete nazionali e internazionali, grandi città, località marittime e montane prima accessibili ai più, hanno subito aumenti anche del 50%, costringendo numerose famiglie a rinunciare a una vacanza estiva o invernale. Ciò non colpisce solo le classi meno abbienti, ma danneggia in particolare il ceto medio, che sembra aver subito maggiormente il peso della crisi in atto. Si aggiunga poi l’esagerato sovraffollamento rilevato nelle principali città d’arte e nei luoghi attrattivi più di tendenza nel nostro Paese, che sono evitati spesso per la presenza di troppi turisti soprattutto stranieri: di questi giorni la decisione del comune di Venezia di tassare con un biglietto d’ingresso chiunque entri nella città nel tentativo di evitare la calca quotidiana che la rende invivibile.

Tutti questi cambiamenti strutturali nel settore turistico e culturale rappresentano d’altro canto un potenziale punto di svolta per le aree interne e i borghi. Questi piccoli centri storici periferici del nostro Paese – antichi possedimenti di nobili feudatari – possono essere protagonisti di un nuovo turismo sostenibile e alternativo, grazie alla loro offerta culturale, storica e artistica. Un’offerta che si basa essenzialmente su un ritorno alle origini nutrendosi di un’atmosfera fatta di tradizioni e costumi folkloristici locali, di paesaggi incantevoli e silenziosi, di una cucina tipica abbinata a paesaggi incontaminati e aria pulita, che attirerebbero non solo turisti, ma anche emigrati di seconda e terza generazione, spinti verso il richiamo delle proprie radici. Quest’ipotesi è realizzabile grazie al progetto “Il turismo delle radici” del Ministero degli esteri e del MiC, che propongono un’offerta sociale, turistica e culturale rivolta agli italo-discendenti (circa 80 milioni).

Ogni borgo è un tesoro inesplorato, con le sue peculiarità uniche, come torri e castelli monumentali, chiese ricche di opere d’arte, palazzi signorili e siti archeologici immersi nella natura, che raccontano in modo autentico la storia italiana, spesso in maniera più autentica rispetto alle grandi mete turistiche note. Questa forma di viaggio contribuirebbe a contrastare progressivamente lo spopolamento delle aree interne apportando un sostegno alle attività commerciali e culturali locali che senza sosta spesso promuovono il rispetto delle tradizioni. Il punto di forza delle aree interne irpine, ad esempio, potrebbe essere proprio quello di un buon rapporto qualità-prezzo oltre che di accessibilità.

Visitare le aree interne, inoltre, impatta positivamente sulla salute, permettendo una rigenerazione spirituale attraverso l’esplorazione di paesaggi e ambienti incontaminati, lontani dal caos delle metropoli, nel silenzio della natura, tra cultura, arte ed enogastronomia a chilometro zero. Un movimento non nuovo, oggetto di svariati dibattiti negli ultimi anni, con un consenso sempre più crescente.

A questi obiettivi si rivolgono i fondi europei del PNRR (1,6 miliardi di euro) attraverso il Piano nazionale borghi, con l’obiettivo di rilanciare flussi turistici più sostenibili e alternativi volti alla promozione della ripresa e del recupero del patrimonio storico e architettonico dei piccoli centri urbani periferici. Un progetto che si pone l’obiettivo di riqualificare e rendere più accessibili gli spazi pubblici, incentivando anche le piccole imprese locali, i servizi e l’occupazione con risvolti socio-economici.

L’intervento ha già coinvolto 20 comuni campione, particolarmente soggetti allo spopolamento, uno per regione, come campo di prova per i progetti di rigenerazione. In un secondo momento si interverrà con altri 580 milioni di euro da investire in riqualificazione urbana e sociale nei borghi sotto i 5000 abitanti: una metà dei fondi sono destinati ai comuni, l’altra alle micro, piccole e medie imprese locali o che intendano insediarsi nei luoghi coinvolti per implementare le attività culturali, tradizionali, artigianali e turistiche. Un altro investimento coinvolge gli edifici storici rurali, per migliorarne la sicurezza e l’ecosostenibilità, creando ulteriori posti di lavoro.

Queste nuove opportunità coinvolgono anche la nostra provincia, che attraverso un necessario ammodernamento della rete stradale e ferroviaria locale, anche grazie all’alta velocità, ha il dovere di potenziare la stazione Hirpinia con i dovuti collegamenti all’aeroporto di Napoli e alle stazioni dell’alta velocità di Napoli, Afragola, Benevento e Salerno. Di queste future e nuove opportunità devono assolutamente cogliere il valore economico i piccoli borghi storici irpini, che attraverso una reale transizione ecologica dovranno promuovere progressivamente la loro offerta sia attraverso le bellezze paesaggistiche e culturali sia attraverso la proposta di un’enogastronomia con prodotti a chilometro zero contando su una transizione ecologica basata sul risparmio energetico grazie alla presenza di fonti di energia rinnovabili. Con un piano strategico di digitalizzazione e comunicazione, inoltre, si potrà divulgare la nostra offerta a livello nazionale e internazionale con la creazione di network, itinerari e percorsi culturali.

Con il giusto impiego di fondi e investimenti e la volontà fattuale della politica locale e nazionale finalizzata alla reale e non poetica valorizzazione delle aree interne, tutte queste nuove opportunità costituiscono una sicura formula di successo per il turismo secondario per molti dei borghi irpini: il turismo reale in questi luoghi del passato potrà rappresentare nei prossimi anni una vera rivincita per le nostre aree interne che hanno atteso troppo a lungo di essere riscoperte.

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