Non c’è stato momento comunicativo delle ultime settimane che, a proposito o a sproposito, non si parla della particolarita’ del prossimo Natale. Si parla delle tante persone sole in eta’ avanzata che passeranno da soli il giorno di Natale, senza l’affettuosa presenza dei propri cari. Si è parlato, e si parla ancora, dei divieti governativi, spesso ritenuti assurdi, per superare distanze anche di pochi chilometri per stare insieme nella ricorrenza di una solennita’ cara non solo ai credenti. Il trombone dei soliti populisti da’ fiato alle accuse al governo per aver diviso le famiglie italiane.Alcuni sofisti di professione affermano che si puo’ morire non solo per Covid, ma anche per solitudine e tristezza e l’elenco delle doglianze potrebbe continare. A fronte di tanta leggerezza, quello che non è accettabile è che questa campagna di pietismo umano che dovrebbe approdare a ben’altri lidi delle tante poverta’ immateriali del nostro tessuto sociale, viene alimentata in un momento drammatico. A tal proposito parlano da soli i dati statistici giornalieri sull’andamento della pandemia : decine di migliaia di nuovi contagi, molte centinaia di decessi. Eppure il motivato allarme di autorevoli virologi e medici con alto profilo professionale, viene costantemente lanciato per scongiurare una terza ondata dalle dimensioni imprevedibili che, tra l’altro, potrebbe coincidere co la tradizionale influenza o con l’inizio della prevista campagna vaccinatoria anticovid. Perchè,allora, tanta irresponsabilita’ comunicativa rispetto ad una corretta informazione per prevenire il peggio ? Perché l’urgenza di evitare una terza ondata con prescrizioni necessarie è tanto dura da accettare ? Davvero lo sbandierato familismo affettivo ha motivazioni tanto profonde da giustificare la eventualita’ di rischio tanto alta? Certamente la risposta piu’ credibile la puo’ dare solo chi si è ammalato di Covid ed è guarito o chi ha perduto il lavoro a causa delle conseguenze pandemiche o , addirittura, chi ha perduto una persona cara per contagio Covid. Nello scrivere queste modeste riflessioni mi sento, comunque, di appartenere ai non pochi che si augurano che il 2021 sia veramente un buon anno nuovo. Ma, credo fermamente, che non basta augurarselo se non si avverte il bisogno interiore di una radicale conversione umana e spirituale che faccia maturare in ognuno la consapevolezza che il nostro abituale piccolo e grande mondo, per effetto della pandemia, non potra’ essere piu’ quello di prima.Il Natale , per gli aspiranti credenti, è luce nuova, è momento forte di ri-progettazione, di ri-condivisione, di allargamento degli orizzonti personali e collettivi. Anche per i non credenti il prossimo Natale e il nuovo anno, senza nessun dogmatismo confessionale, non saranno come gli altri: probabilmente il panettone avra’ un sapere diverso anche per loro ed è questo diverso sapore che potra’ dare senso nuovo alla loro vita.
di Gerardo Salvatore