“La dose di farmaci è devastante. Non riuscivo ad alzarmi dal letto per una settimana figuriamoci guidare per tornare a casa”. Rosa ha 37 anni, due anni fa ha scoperto di avere un cancro. Da allora la sua vita è cambiata. Lei ha cercato di fare in modo che tutto fosse come prima della diagnosi, ha provato a continuare a vivere normalmente. Ma non è stato facile. Inevitabilmente, la malattia sconvolge la routine. Il rischio è di essere discriminati, sopratutto sul lavoro.
In teoria c’è anche una legge che tutela proprio i malati oncologici. Nel 2024 l’Italia ha fatto un grande passo in avanti con “il diritto all’oblio oncologico”, una misura legislativa finalmente introdotta anche nel nostro paese per tutelare la dignità e i diritti delle persone che hanno affrontato un tumore.
In base a questa normativa, chi ha sconfitto il cancro ha il diritto di non vedere la propria condizione sanitaria divulgata, salvo che non sia necessario per motivi specifici legati al trattamento o alla sicurezza sul lavoro. Ciò è stato sancito dal Decreto Legislativo 193/2023 entrato in vigore il 2 gennaio 2024 che ha adeguato la legislazione italiana al Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR), includendo specifiche disposizioni per i pazienti oncologici.
L’obiettivo principale è evitare la discriminazione nei confronti delle persone guarite da tumore, un fenomeno che si manifesta spesso in ambito lavorativo e sociale.
“Nelle selezioni per l’assunzione, molte persone temono che il loro passato oncologico possa compromettere le opportunità lavorative”, racconta Rosa. “Ecco perché c’è una legge mira a garantire che le informazioni riguardanti la malattia non vengano rese note né nella selezione, né durante il rapporto di lavoro. Tuttavia, sebbene questo diritto rappresenti un passo importante nella protezione dei diritti dei pazienti oncologici, non basta da sola a eliminare completamente la discriminazione sul lavoro”. Rosa ha vissuto la discriminazione sulla sua pelle.
“Il pregiudizio e la paura riguardo alla salute dei dipendenti con disabilità o storia di malattie gravi sono ancora diffusi, e possono manifestarsi in modi sottili, come nei colloqui di lavoro o nella gestione della carriera”, confessa la giovane.
Nel 2025 – continua – dal cancro si guarisce ma, nel mondo del lavoro si è ancora spaventati da questa malattia”. Capita spesso, quasi sempre. Anche perché la legge ha tempi lunghi dettati da misure mediche.
“Il periodo che intercorre prima che un paziente oncologico possa usufruire del diritto all’oblio – osserva Rosa – va dai 5 ai 10 anni in base alla diagnosi ricevuta, tempo che serve per essere considerato guarito”.
Infatti, attualmente si stima che circa 3,6 milioni di persone siano vive dopo una diagnosi di tumore, nonostante non siano ancora trascorsi 10 anni senza recidive. Un paziente oncologico viene considerato guarito quando raggiunge un’aspettativa di vita pari a quella della popolazione generale.
“Durante questo periodo – racconta Rosa – lo Stato riconosce una condizione di invalidità e promuove una maggiore tutela verso coloro che stanno superando la malattia. Lo Stato, infatti, per garantire una parità di trattamento impone nei posti di lavoro la selezione di un numero determinato di persone con disabilità, tra cui i malati oncologici, per evitare discriminazioni. Le aziende – ed è questo il punto – potrebbero adottare politiche tacite di esclusione, anche senza una base giuridica, per evitare eventuali costi legati all’assistenza o ai periodi di malattia”.
Cosa fare? “E’ fondamentale – ragiona la giovane – promuovere una maggiore consapevolezza dei diritti delle persone con disabilità oncologica, accompagnata da politiche di inclusione sul posto di lavoro. La disabilità è anche questa, al contrario di quanto molte persone ancora credono. Dover affrontare una malattia, che ti viene diagnosticata dal nulla poiché spesso non si manifesta con sintomi, ma ti viene semplicemente refertata, – afferma Rosa – ti catapulta in una vita quotidiana di invalidità al 100%, anche se, fortunatamente, per un tempo limitato. La malattia per il paziente incomincia con le cure poiché quelle sono la parte più disabilitante. Se non hai delle persone che ti supportano, la malattia è impossibile da affrontare. Penso a quando dovevo affrontare 5 ore di chemio. La dose di farmaci è devastante. Non riuscivo ad alzarmi dal letto per una settimana figuriamoci guidare per tornare a casa”.
E allora, il diritto all’oblio oncologico rappresenta un passo importante, ma da solo non basta a combattere tutte le forme di discriminazione che le persone con disabilità oncologica potrebbero dover affrontare nel mondo del lavoro. È necessario un impegno continuo da parte delle istituzioni, delle aziende e della società per creare un ambiente lavorativo davvero inclusivo.
Rosa ce l’ha fatta. “Quando ti viene detto che sei in remissione completa dalla malattia l’unica voglia è quella di riappropriarsi della propria vita. Questa possibilità non sempre ti viene data poiché la società ti ostacola, lasciandoti ancorato a quel passato che vorresti dimenticare. Il diritto all’oblio è fondamentalmente ma bisognerebbe lottare per informare le persone che ci circondano, non per cancellare un pezzo della vita che i malati oncologici hanno vissuto e affrontato”.
di Eleonora Iandolo