Corriere dell'Irpinia

Rosaria Troisi: “Mio fratello Massimo debuttò a teatro e oscurò tutti”

Grottaminarda – E’ la prima di sei figli, e ad un certo punto si trovò a fare la capofamiglia: Rosaria Troisi oggi porta in giro la storia di suo fratello Massimo, gli aspetti che nessuno conosce. E la racconta nelle scuole, tra i ragazzi, tra la gente. Attraverso i libri ricorda la figura di un attore straordinario prematuramente scomparso. Così come ha fatto oggi pomeriggio, in un incontro al Castello d’Aquino, a Grottaminarda: si è parlato del suo lavoro: “Caro Massimo ti scrivo…”, prima giornata di un weekend culturale, di ricordi, di letture, per la seconda edizione di “Grottaminarda in lettere”, che proseguirà domani, organizzata dal Comune di Grottaminarda.

Come lo ricorda, Massimo?
“In effetti è lui che si ricorda di me. Perché mi fa fare cose che non avevo, assolutamente, pensato di fare. Massimo dice “Rosa’ fai quello che devi fare, perché mi vogliono bene”. E, dovunque vada, vedo tanto affetto intorno a lui. Gli volete bene. E lui se lo merita, non perché è mio fratello, o perché attore, ma davvero è così”.

Ma come ha cominciato a fare l’attore e voi come avete capito che, quella, era la sua strada?
“La prima volta che siamo andati a vederlo, tutta la famiglia, alle prove nel teatro della parrocchia di San Giorgio a Cremano, ci voleva vicini, ci guardava sempre per cercare di capire come stesse andando”.

E poi?
“Recitava in Napoli Milionaria, di Edoardo De Filippo, quindi un testo molto impegnativo. Dopo averlo visto, mio padre mi diede di gomito ed esclamò: ‘E questo da dove è uscito?!’. Mentre prima aveva detto: ‘Lasciamolo fare, gli passerà’. Sta di fatto che quella sera oscurò tutti gli altri. Prima non ci aveva mai provato. Da lì cominciò la carriera di Massimo Troisi”.

Massimo era un napoletano speciale.
“Non lo so. Sicuramente era un po’ fuori dalle righe, diciamo così. Poi, nei suoi lavori, lo ha dimostrato. Aveva un grande amore per Napoli, però forse ha capito che c’era qualcosa da correggere, modificare. E lui lo ha fatto con molta eleganza, in modo quasi amorevole. Me ne accorgo oggi perché i giovani hanno riempito un vuoto straordinario, identificandosi in lui. Significa che Massimo ha lasciato un buon ricordo”.

Cosa ci ha lasciato Massimo Troisi?
“Tanto. Innanzitutto un modello di vita positivo e di questi tempi ce n’è bisogno. Massimo era nato in una famiglia semplice, quale eravamo noi. Non era nato certo a New York, né a Parigi, ma a S.Giorgio a Cremano, che non c’era nemmeno sulla cartina geografica. Aveva una salute fragile, lo sappiamo tutti (e qui trattiene le lacrime, ndr.). Non gli piaceva la scuola ma io, quando parlo di mio fratello ai giovani, dico loro ‘Non disprezzate la vita, non vi fate del male’, perché si può diventare come lui. Si può attraversare l’Oceano, arrivare alle nomination degli Oscar. Amate la vita, Massimo lo ha fatto. Ha strizzato l’occhio alle cose belle, alla passione, ai sentimenti, all’amore. Così tutto può diventare la grande bellezza”.

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