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“Scripta manent”, il potere delle parole e il valore della libertà: la società di oggi secondo De Rienzo

Si fa riflessione sul valore della libertà, da difendere sempre e comunque, il volume di Quirino De Rienzo “Scripta manent-Appassionato ma non troppo allegro”. Un’opera preziosa che riunisce articoli e saggi brevi, ricerche e approfondimenti “sempre e ovunque a favore dell’individuo e contro ogni forma di collettivismo, in nome e per amore della libertà….La mia intende essere una battaglia morale contro lo statalismo, contro il burocratismo, contro l’egualitarismo livellatore, contro il paternalismo, contro la redistribuzione della ricchezza attuata per legge, contro il proibizionismo, contro il nazionalismo, contro il protezionismo economico”. Non ha dubbi De Rienzo: “E’ una lotta  ideale a favore della libertà individuale, a favore della proprietà privata, a favore del capitalismo, a favore dell’uguaglianza nei punti di partenza, a favore del valore della diversità umana, a favore della democrazia liberale, a favore dell’autodeterminazione dei popoli”. Nella convinzione che “La libertà economica costituisce il presupposto essenziale per la libertà politica… Qualsiasi sistema collettivistico genera omologazione sociale, regresso morale e miseria economica: per essere realizzato richiede sempre la sopportazione di una quantità eccessiva di autoritarismo”.

Un’idea che Quirino De Rienzo sostiene attraverso riferimenti concreti, come nell’attenta analisi di uno sviluppo possibile per il Mezzogiorno che non può certo dipendere dall’intervento diretto dello Stato, i cui effetti risultano con l’essere poco duraturi “anzi, essi, diventano oppressivi quando finiscono per costruire i modi principali attraverso cui la classe politica permea le strutture industriali e invade i settori dell’economia, generando corruzione diffusa e instaurando un regime di controllo pervasivo, dove le scelte politico-affaristiche prevalgono su quelle aziendali”. De Rienzo cita ad esempio, il periodo dell’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno per dimostrare che “negli anni in cui la spesa pubblica era più centralizzata e maggiormente equa era la redistribuzione delle risorse in concomitanza con la presenza  di importanti industrie nazionali e degli ingenti aiuti per lo sviluppo concessi dalla Cassa per il Mezzogiorno, la quota percentuale di Pil prodotta nell’Italia meridionale sia rimasta quasi la stessa, risultando le politiche economiche degli anni presi in considerazione incapaci di ridurre il divario con l’economia del Nord Italia”.

Ecco perchè si ribadisce che “l’unico modello di sviluppo industriale durevole nel tempo è, nelle premesse, svincolato dall’assoggettamento a decisioni e imposizioni statali, ma sottomesso esclusivamente  alle regole del mercato”. Una riflessione che continua con l’analisi degli scenari internazionali e i condizionamenti imposti alle politiche energetiche nazionali. “Un grande paese industriale come l’Italia  con un’economia importante e con uno Stato Sociale esteso, necessita di risorse energetiche certe e sempre disponibili. Sebbene i miglioramenti delle tecnologie utilizzate siano stati enormi, le fonti alternative non danno ancora garanzie assolute di coperture per ogni periodo dell’anno”. Di qui l’importanza di accrescere la capacità del paese di essere autosufficiente sul piano delle risorse.

Inevitabile il riferimento allo stato di salute della Repubblica che trova il suo riferimento nella Costituzione, i cui precetti sono spesso inosservati o violati, evidenziando i limiti del sistema. “La Costituzione è una legge positiva, creata e scritta dall’uomo. E le le leggi positive non vivono fuori dalla storia, non sono immutabili. La nostra, determinando principi e valori di un’epoca storica passata, necessita dei dovuti adeguamenti, senza dover essere completamente snaturata”.

E alla domanda se possa esistere una società senza economia, come teorizzato da Keynes, risponde in maniera netta: “Un mondo libero dall’economia può esistere solamente in una dimensione ideale, puramente utopistica….chiunque ambisca alla meta di annientare il capitalismo per far uscire l’uomo dallo stato di necessità economica si fa sostenitore di un ideale elitistico e aristocratico, antieconomico e antiborghese, il quale si sposa alla perfezione con la concezione austera e ci contrappone alla concezione consumistica”. Quirino attraversa filosofia e politica, antropologia e sociologia, afferma di voler raccogliere l’eredità di Pericle e Tucidide, di Tacito e Cicerone e si interroga sul nostro tempo, dall’Unità d’Italia alla centralità tradita dei Comuni, fino al rapporto tra maschile e femminile nel sacro, nella convinzione che la vera rivoluzione è individuale e che “I pensieri alimentano la speranza e le parole vengono impresse nella roccia. Scripta manent. Per sempre”.

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