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Se viene meno il ruolo della scuola 

La quasi totale attenzione dei mezzi di comunicazione per la campagna elettorale amministrativa ha fatto calare il silenzio sulla chiusura dell’anno scolastico e sui problemi che lo hanno fortemente caratterizzato. Uno di questi, balzato più volte all’attenzione della cronaca, è certamente costituito dagli episodi di violenza tra coetanei con atti di bullismo ma anche tra studenti e genitori contro insegnanti e di insegnanti verso piccoli alunni.

Uno scenario preoccupante di tutti contro tutti in un luogo dove il dialogo, il rispetto reciproco, la stima verso gli educatori dovrebbe costituire l’obiettivo educativo primario, la fase propedeutica per lo sviluppo integrale del futuro cittadino. L’aspetto più preoccupante di questa diffusa conflittualità è l’emergere di una crescente leadership di studenti, progressivamente nata per fronteggiare le pretese degli insegnanti.

Ancora più preoccupante si rivela il sostegno dei genitori a favore del potere contrattuale dei propri figli studenti per arginare – secondo una chiara posizione di difesa – il rigore formativo dei docenti e per assicurarsi, al di là degli aspetti meritocratici, il risultato positivo dell’anno scolastico. La solidarietà dei genitori attuali, di fatto, aumenta la contestazione studentesca e alimenta le sempre più diffuse e mediocri performance scolastiche, spesso difese dai numerosi ricorsi contro le bocciature. Si è incrinato, dunque, il prestigio sociale, goduto da decenni dalla scuola che ha rappresentato per tante generazioni -soprattutto nelle nostre zone interne del Mezzogiorno d’Italia – il più valido ascensore sociale per accedere a significativi livelli di condizione economica e professionale.

È da chiedersi, allora, perché questa crisi della scuola o meglio questo scadimento di considerazione complessiva? Probabilmente una delle cause concorrenti è costituita dalla sensazione che anche dopo la laurea si rimanga disoccupati e si è costretti a cercare lavori non consoni alle proprie attitudini professionali e sottopagati. In sostanza che i non alleati della scuola non sono solo gli studenti e le loro famiglie, ma non sono nemmeno gli imprenditori che ritengono la scuola attuale professionalmente non qualificante per l’accesso al mondo produttivo.

La sfida attuale, frattanto, è quella di far reinnamorare i ragazzi della scuola, trasformando l’attuale complessivo modello scolastico in percorso “laboratoriale” anche per le materie di base, perché è nell’apprendimento di queste che gli studenti hanno maggiori difficoltà, è da queste che nascono frustrazioni e s’inventano le strategie delineate che opacizzano il volto di comunità educante della scuola. La scuola, comunque, ha il dovere di condurre, al di là degli steccati burocratici, ogni sforzo utile per gli studenti, farli reinnamorare continuamente e coinvolgere pazientemente le famiglie lungo questo itinerario non facile, ma forse l’unico per proiettare la scuola verso nuovi orizzonti di apprendimento che la riaccreditano presso le aziende del mondo produttivo.

Questa prospettiva ha bisogno di strutture, spazi e tecnologie nuove, in sostanza di investimenti capaci di promuovere le condizioni necessarie per ricomporre la frattura tra la scuola, gli utenti e le loro famiglie, il mondo produttivo e i soggetti della ricerca scientifica.

di Gerardo Salvatore edito dal Quotidiano del Sud

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