Io penso che se tutto questo è vero, se i valori umani non sono più un riferimento prioritario nelle vite delle persone, è per l’assenza di quell’etica della responsabilità che investe almeno quattro settori importanti della società a cui stiamo dando vita. E penso alla Chiesa, alla scuola, alla famiglia e al potere dell’informazione. In diversa misura, queste categorie contribuiscono alla cancellazione dei valori. La chiesa che ha in testa Francesco è lontana da venire. Le parrocchie, un tempo primo presidio di formazione delle coscienze hanno un ruolo marginale e oggi la chiesa è tutta proiettata in una guerra per la supremazia del potere. Francesco, grandissimo Papa, avendo capito da che parte stare, è silentemente combattuto da chi, usando la fede, vuole imporre i propri privilegi. Che se vengono messi in discussione, come nel caso di principi della curia vaticana che occupano appartamenti che offendono la povertà, danno adito a veleni di palazzo, a tentativi di agguati dai quali papa Francesco deve ben guardarsi. Certo, c’è una chiesa nobile, ma è minoritaria. E’ quella di don Ciotti e dei tanti testimoni che, come don Diana e don Puglisi, hanno pagato con la vita il loro credo per una società più giusta, più ricca di valori.
Anche la scuola ha le sue nobili eccezioni ma, nonostante le riforme, nel complesso essa rimane ferma al palo. Oggi la scuola non è più, nella maggior parte dei casi, fucina di educazione al sociale, è sempre più un mestiere per vivere. Alcuni docenti ripiegati su se stessi, si assentano per fare la spesa, si tormentano nelle loro storie private, non si aggiornano con letture, dunque non hanno tempo per trasmettere valori che non riescono a incarnare perché li hanno dimenticati. Essi subiscono l’evoluzione dei costumi senza, come dovrebbe essere, assumere un atteggiamento critico e responsabile.
Non meno gravi sono le responsabilità genitoriali. La vicenda romana del giovane che uccide per vedere che effetto fa è il massimo dell’aberrazione. Ci dice che la vita umana conta poco o niente e che il gusto della brutalità è il disvalore di parte di una generazione cresciuta fuori controllo. Così è per il bullismo, per il femminicidio, per la violenza di gruppo, per le risse che finiscono in tragedia. Ciascuno di questi fenomeni ha radici diverse, ma tutti sono figli della mancanza di cultura, della totale assenza di speranza, dell’ignoranza di sé come esseri umani. Figli di un consumismo senza regole che ha nutrito questa generazione senza riferimenti solidi. Dalle discoteche che fanno affari con cocktail mortali e droga, fino a varie forme di sballo a oltranza. Rispetto a tutto questo la famiglia è sì preoccupata, ma non interviene. Neanche quando all’ora di pranzo, (rito sempre più accantonato) i ragazzi mostrano la loro chiusura e indifferenza rimanendo chini su tablet, giochi elettronici, cellulare o altre tecnologie che dovrebbero aiutare il progresso ma usate in accesso si rivelano armi appuntite contro i più elementari valori sociali. Tutto questo crea isolamento, rende sordo il dialogo, evita la trasmissione di valori tra chi li ha conosciuti e chi li ignora.
Infine l’etica della responsabilità del tutto assente nelle forme di comunicazione. Il mercato ha regole precise: vendere il più possibile.Ed ecco manifesti di dubbio gusto, ma con effetto sensazionali, campagne pubblicitarie che inducono a modelli i disvalori, la stessa informazione televisiva che, per fare audience, manda in onda programmi al limite dell’osceno. Non solo. I dibattiti politici in tv sono spesso esempi di conflittualità rissosa e di diseducazione per chi dovrebbe essere formato alla poltica del sano confronto e del dialogo.
Dove si andrà a finire? Flaiano diceva: non chiedetemi dove andremo a finire perché ci siamo già. Cosa oggi è necessario fare e auspicare? Penso che ciascuno debba riappropriarsi delle regole della convivenza civile, superando l’egoismo e l’individualismo che sono alla base della decadenza del vivere sociale. Ciascuno, per proprio conto, deve sentirsi parte di una comunità e dell’umanità tutta e diventare protagonista del bene comune. Perché tutto ci riguarda, anche quel paio di occhiali nel cassonetto.
edito dal Quotidiano del Sud
di Gianni Festa