Recitazione, gestualità e mimica, dizione ed educazione vocale, interpretazione canora, ma anche “Storia del Teatro”. Sono tante le opportunità che offre il “Laboratorio teatrale per tutte le età” promosso dal Teatro comunale “Alfredo Sardone” di Altavilla Irpina attraverso l’azione dell’Associazione “Artesia”, la quale sotto la direzione del Maestro Rino Villani offre una straordinaria esperienza artistica e culturale, nel segno della riscoperta delle tradizioni.
Il programma delle lezioni prevede un incontro settimanale di due ore e si divide in due parti. La prima teorica consentirà agli allievi e alle allieve la conoscenza di base dei primi elementi di tecnica teatrale, mentre la seconda condurrà all’allestimento e alla messa in scena di un saggio- spettacolo che prenderà spunto da tematiche sociali legate a doppio filo con le culture e le tradizioni territoriali.
Un percorso che oltre all’aspetto squisitamente artistico consentirà di confrontarsi con importanti aspetti inerenti la propria personalità, come l’autostima, la conoscenza e la padronanza del linguaggio, anche declinato nella sua espressività dialettale, offrendo occasioni di reale socializzazione.
Per informazioni e iscrizioni ci si può rivolgere alla Segreteria telefonando al 347 8578727 o scrivendo all’indirizzo di posta elettronica artesia2024 @libero.it .
Uno degli illustri docenti del corso potrebbe essere il bravo attore di origini napoletane Marco Cristi, della scuderia di “Zelig Off”, che Domenica scorsa si è esibito proprio sul palcoscenico del teatro altacaudo riscotendo un significativo successo di critica e di pubblico e che abbiamo avuto il piacere di incontrare al termine della sua performance.
La “sfida” del Teatro “Sardone” è un importante esempio di resilienza , di come, cioè, la cultura e l’arte, in particolare, possano contribuire a dare senso e speranza a piccole realtà come le nostre dove si registrano importanti fenomeni di tenuta esistenziale e che vede coinvolti in particolare le nuove generazioni.
I giovani di oggi sono nel pieno di un continuo mutamento delle condizioni di vita, a ogni livello, e a differenza della nostra generazione, essi hanno conosciuto la pandemia planetaria, avvertono fisicamente i venti di guerra e percepiscono disagi non di facile soluzione. Il tutto amplificato da questa sempre più invadente rete social che spesso non aiuta alla comprensione e ad avere coscienza di quanto stia accadendo.
Il teatro, come altre arti, può aiutare i giovani a capire che in una presa di coscienza il bello c’è, intendendo con questo termine non un fatto meramente estetico ma esistenziale, propositivo.
Anche il teatro comico?
Certamente, perché il compito storico della comicità è proprio quello di far prendere coscienza di cose serie, anche tragiche, ma attraverso una propria “leggerezza” che non è solo evasione ma capacità di veicolare in modo diffuso, popolare, simili messaggi. La magnificenza dell’arte comica è quella capacità di trasformare su di un palcoscenico la realtà che vediamo quotidianamente, e che non apprezziamo come esseri umani, in qualcosa da accettare e comprendere.
Un ragionamento questo che si potrebbe estendere ad altre forme artistiche, come quella cinematografica, ad esempio.
L’Italia con la grande stagione del neorealismo non ha rimosso la cruda realtà post bellica ma l’ha affrontata con maestri come Visconti, Nanni Loy, De Sica originando capolavori di rilievo internazionale. Una realtà che si andava mano a mano trasformando nel nostro Paese e che attraverso la successiva fortunata stagione della Commedia all’Italiana ha saputo evidenziare i vizi, le contraddizioni e le pecche del “miracolo italiano” con intelligente sarcasmo e raffinata ilarità. E il teatro comico non è stato da meno, in particolare in questi ultimi decenni quando la comicità del palcoscenico ha in parte dovuto riempire il vuoto lasciato dalla commedia di Sordi, tanto per fare un nome che dice tutto.
Il teatro comico napoletano non ha bisogno di essere tracciato nella sua straordinaria parabola che dalle origini giunge ai nostri giorni. Nel tuo coinvolgente spettacolo hai tratteggiato la “napoletanità” come elemento conduttore, una sorta di cornice iconica nella quale hai parlato, tra battute e partecipazione diretta del pubblico, con applauditi intermezzi di impegno civile, di questo modo di essere che è anche filosofia di vita, profilo identitario, senza mai offrire richiami a una vulgata tardo macchiettistica.
E’ vero, è difficile scrollarsi da dosso questa fuorviante etichetta folcloristica, nella sua accezione distorcente, ovviamente. Tanto per rimanere tra gli stereotipi maggiormente abusati, a me starebbe anche bene la Napoli delle “pizze e dei mandolini”. Massimo Troisi a tal proposito ci lasciato battute esilaranti su questo tema. Ma il problema oggi non è più solo la distorsione culturale ma la percezione in quanto i social, in particolare quelli senza regole, lasciano che tutti possano dire tutto per cui anche la sacralità della napoletanità raggiunge livelli deteriori francamente inaccettabili.
In base a queste tue giuste considerazioni abbiamo ragione di credere che saresti d’accordo che il Teatro “Sardone” affianchi alla sua bella stagione in cartellone anche un’esperienza come quella del laboratorio artistico e culturale.
Ma certamente. E pur meritoriamente aperto a tutte le età mi auguro che siano in particolare i giovani ad aderirvi. La cultura non significa per forza il grande successo, il palcoscenico di fama, fare i primi attori ma è importante conseguire quell’obiettivo che ci si è preposti anche se sei un piccolo paese delle aree interne. Anzi, questo assume maggiore valore e significato. Ma se si vogliono seriamente sostenere questi nobili e sacrificati intenti occorre che la politica, ovvero le Istituzioni a tutti i livelli, diano un contributo concreto nel creare le condizioni perché queste esperienze non finiscano. Il teatro è parte integrante della “polis” fosse l’Arcimboldi” di Milano o il piccolo teatro di provincia. L’ho già detto dal palco poco fa e lo riconfermo qui che sono a disposizione per un mio contributo gratuito “educativo” in questo Laboratorio che il bravo e caparbio Maestro Rino Villani intende avviare. E dopo questa esperienza si è rafforzata in me la convinzione che già avevo e cioè che l’Irpinia è una terra che davvero può dare tanto per il futuro culturale della nostra regione. Grazie a tutti.
A cura di Ranieri Popoli



